«Perché metto i mostri in mostra»

Tutti in fila a Jesolo per le esposizioni estreme organizzate dal trevigiano Mauro Rigoni
MORSEGO - DINO TOMMASELLA - JESOLO LIDO - MOSTRA SERIAL KILLER
MORSEGO - DINO TOMMASELLA - JESOLO LIDO - MOSTRA SERIAL KILLER

JESOLO. Professione promoter. Le mostre organizzate da Mauro Rigoni hanno toccato le 300 mila presenze, da Real Bodies, i corpi plastinati, ai Serial Killer da poco sbarcati a Jesolo. Questo cinquantenne trevigiano a Jesolo ha trovato l’America: e pensare che ha iniziato con un geco in casa. Poi sono venuti i dinosauri, con una mostra in piazza Trieste, e al suo fianco sempre la moglie Monica Montellato, anche lei trevigiana, sposata dentro una vasca con gli squali nel dicembre 2011. Prima di organizzare mostre, ha venduto ferri da stiro nelle fiere, distribuito volantini, venduto mobili.

Mauro Rigoni, come è arrivato a fare dell’organizzazione di mostre la sua professione? «Mostre ed esposizioni sono state sempre la mia passione. Prima ho lavorato nel settore dei mobili, organizzavo fiere nel Triveneto, partendo dal basso. Sì, anche facendo il venditore che si esibisce tra le bancarelle con i ferri da stiro».

Il primo successo? «Erano gli anni Novanta. Organizzai una fiera intinerante dedicata agli Swatch. E fu il primo colpo perché la gente stravedeva per quegli orologi».

È andata sempre bene? «Magari. Ho avuto tanti problemi, ostacoli da superare ogni giorno. Allora non si parlava di crisi, ma si faceva presto a cadere. Non ho mai perso coraggio. Ci sono stati eventi che sono andati malissimo. Ma avevo dei sogni, speravo sempre che le cose si sistemassero. Tra un flop e l’altro, distribuivo volantini pubblicitari».

La svolta? «Ho conosciuto la ragazza che sarebbe diventata mia moglie, ho trovato nuovi stimoli e idee. Venivo a Jesolo la domenica, come tanti trevigiani. Ho capito che poteva essere un trampolino. Prima con la mostra dei dinosauri, nel 2001 in piazza Trieste, poi con i rettili e l’acquario sopra la ex sala giochi Sirenetta. Nel 2004 siamo entrati al pala Turismo con una mostra permanente. Sono arrivati gli squali, la visita di un mito come Carlo Rambaldi, il papà di ET, la conoscenza con Riccardo Sturla Avogadri, uno dei massimi esperti di squali nel mondo. Ci abbiamo creduto, sono arrivati altri rettili al nascente Tropicarium Park, il coccodrillo gigante di 5 metri e mezzo, Godzilla».

A quel punto, di lei si sono accorti gli americani. «Ho conosciuto Arnie Gheller, fondatore della Premier, quello che ha organizzato la spedizione per il recupero dei reperti nel Titanic. Ci siamo capiti subito. E nel 2013, dopo che davanti al Tropicarium avevamo organizzato anche la mostra su Leonardo da Vinci e sui Killer Animals, sono arrivati i corpi plastinati e Real Bodies una vera sorpresa. Abbiamo investito tanto, ma sapevamo che avrebbero funzionato. Per Gheller, newyorkese, siamo il punto di riferimento delle mostre in Europa. Ora Real Bodies è a Lisbona».

Trecentomila presenze, soldi a palate, investimenti. «Lavoriamo 16 ore al giorno con dodici fedelissimi dipendenti. Il guadagno non ci ripaga, perché in proporzione è esiguo. Ma siamo contenti di aver fatto qualcosa per questa città che ci ha dato molto, per le persone che hanno lavorato con noi. Siamo i primi che hanno creduto anche nella stagione invernale».

Vi hanno criticati e attaccati per i contenuti delle vostre mostre. «Questo ci dispiace. La critica è lecita, non le offese, che fanno male. Noi vogliamo fare qualcosa di importante, far vivere una città, divertire e interessare. La mostra sui Serial Killer piace perché la morte affascina e tutti lo possono vedere, basti pensare alle trasmissioni in tv ispirate a questi temi. E organizzeremo anche una mostra sull’Olocausto perché ha un grande valore storico e didattico, anche se già ha suscitato polemiche. Per mostre di grande livello bisogna avere fiuto, capire cosa vuole il pubblico e investire tanto».

C’è ancora un sogno? «Ritirarci. Questa vita è stressante, mai ferie se non viaggi di lavoro, tante ore al giorno sempre sotto, critiche, tensioni, spese. Ci piacerebbe fermarci, siamo un po’ stanchi”.

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