«Perché è morto nostro padre» I figli vogliono sapere la verità

Fossalta. Ieri l’autopsia sul 61enne deceduto a San Donà dopo essere stato dimesso da due ospedali Sono quattro i medici attualmente indagati, tre a Treviso. L’Asl 10 ha aperto un’inchiesta interna
Di Giovanni Cagnassi

FOSSALTA DI PIAVE. «Vogliamo sapere perché nostro padre è morto». I figli di Gianantonio Ovelli, 61enne di Fossalta di Piave, non si danno pace. Al bar Ritrovo, nel cuore della cittadina, gestito da due dei tre figli di Ovelli, originario di Oderzo, i clienti cercano di essere discreti con la famiglia che sta soffrendo da giorni.

Ieri l’autopsia del medico legale, il dottor Antonello Cirnelli, sul deceduto ha permesso di compiere un primo passo verso la verità, anche se l’esito non è ancora stato reso noto e ci vorranno dei giorni per esaminare tutti i campioni raccolti. Per il momento sono indagati tre medici dell’ospedale di Treviso, reparto di pronto soccorso, e un medico di nefrologia a San Donà, dove Ovelli era seguito nel reparto dialisi.

Il 61enne è morto il 7 gennaio per una probabile ischemia intestinale, ma era stato già visitato il 6 gennaio al pronto soccorso di Treviso, dove si era recato per un malore e difficoltà respiratorie, che si era subito messo in contatto con il reparti di dialisi dell’ospedale di Jesolo, prima di dimetterlo.

La morte è arrivata il giorno seguente all’ospedale di San Donà prima che i medici lo sottoponessero a un delicato intervento chirurgico all’intestino. La famiglia di Ovelli, moglie e tre figli, si è affidata ai legali di San Donà, Walter Drusian e Matteo Giuseppe D’Anna, i quali hanno nominato un consulente di parte, il dottor Roberto Garufi, medico legale di Padova.

«Vogliamo capire perché all’ospedale di Treviso Ovelli sia stato dimesso», spiegano i due avvocati, «anche perché aveva una sospetta ipotensione cronica che era stata constatata dai sanitari, poi in contatto con il reparto di dialisi dove era in cura presso l’Asl 10. Noi abbiamo dunque chiesto tutti gli accertamenti anche sulla condotta dei sanitari di Treviso oltre che di San Donà. Si tratta di ricostruire quanto realmente accaduto con la visione di cartelle cliniche e atti e poi gli esiti dell’esame autoptico che consentirà di accertare il resto, ovvero le cause del decesso».

«Abbiamo maturato una certa esperienza nelle cause civili e penali legate a disservizi della sanità», aggiungono i due avvocati sandonatesi, «e possiamo affermare che sovente sono state dimostrate responsabilità a carico del servizio sanitario nazionale per i decessi o altre gravi conseguenze subite dai pazienti. Anche per questo caso non ci esponiamo, almeno in questa fase, e attendiamo tutti gli esiti delle perizie che riguarderanno gli ospedali di Treviso prima e San Donà dopo. L’Asl 10 del Veneto Orientale ha già deciso di compiere un’indagine interna. Si attende dunque l’esito delle indagini in corso prima di esprimere ogni tipo di commento che seguirà una volta avuti l’esito dell’autopsia e il pronunciamento della magistratura».

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