Per superare la crisi la ricetta è l’innovazione
Per battere la crisi bisogna innovare. Un concetto divenuto negli anni un refrain, molto spesso senza costrutto. Eppure nei meandri della tecnologia c’è uno strumento che, zitto zitto, promette di rivoluzionarie il mondo, in particolare quello dell’impresa e, nello specifico, della manifattura: si chiama stampa 3d ed è uno degli elementi portanti di quella che può essere definita la terza rivoluzione industriale. Dell’argomento, inserito nel più ampio tema delle start ups innovative, s’è discusso ieri durante un dibattito organizzato dalla Fondazione Pellicani (in collaborazione con la banca Ifis) inserito nel ciclo di incontri dal titolo “Conversazioni sull’innovazione”.
La discussione, moderata dal giornalista Nicola Pellicani, ha visto come protagonisti il ministro Flavio Zanonato, il fondatore di H-Farm, Riccardo Donadon, e Massimo Russo, direttore di Wired Italia, il quale ha introdotto per primo l’argomento della stampa 3d sottolineando che con questo strumento «dalla delocalizzazione delle aziende potremmo passare alla ricollocazione, cambiando completamente la geografia del lavoro e il modello di fabbrica. Con la stampa 3d, il costo del lavoro non è più rilevante, quindi non ha più senso andare a produrre in Cina per pagare meno gli stipendi».
L’Italia, però, sembra andare a rallentatore nell’ambito dell’innovazione. Per il ministro Zanonato, esistono dei problemi interni che bisogna scavalcare: «Il costo del lavoro troppo alto», spiega, «l’energia troppo cara, la più cara del mondo, la burocrazia, l’accesso al credito. Le start up rappresentano una grande opportunità per uscire dalla crisi. Per fortuna l’Europa sta varando una norma con la quale si afferma che gli aiuti a queste imprese non possono essere definiti aiuti di Stato».
Riccardo Donadon riporta l’esperienza della sua H-Farm e invita i politici a ragionare di dimensioni. «Ci si occupa sempre delle grandi industrie tipo l’Ilva. Ok, ci mancherebbe, però non bisogna scordare che l’Italia è composta dal 90% di piccole e medie aziende ed è a quelle che bisogna guardare, soprattutto. Sono loro che devono innovare e poi ci sono tanti giovani che vogliono fare impresa, non mettiamo il bastone fra le ruote. Non posso pensare di aspettare tre anni per avere il permesso di ristrutturare un rustico, così i giovani scappano via». Poi lancia l’appello affinchè venga valorizzato ciò che in Italia c’è. Venezia, emerge nel dibattito, potrebbe diventare la città dell’innovazione. Ma è bloccata da troppe rendite di posizione.
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