Per il Vallone Moranzani Terna riparte da zero

Inascoltato l’appello a scorporare dal progetto per potenziare gli elettrodotti veneti l’interramento delle linee elettriche, nell’area destinata alla discarica dei fanghi
Di Gianni Favarato

MARGHERA. L’accordo di programma per il Vallone Moranzani rischia la paralisi per mesi e mesi, forse anni. Per liberare l’area da tralicci e linee elettriche bisognerà infatti ripartire da zero. Nemmeno Catia Bastioli e Matteo Del Fante, nominati di recente rispettivamente alla carica di presidente e amministratore delegato di Terna, hanno voluto, al pari dei loro predecessori, accogliere l’invito delle istituzioni locali a scorporare l’abbattimento dei tralicci e l’interramento dei cavi di alta e media tensione a Malcontenta, dal resto del progetto incentrato sulla ristrutturazione della vecchia rete elettrica alimentata dalle centrali elettriche Enel ed Edison di Fusina che arriva fino a Dolo, Mirano e Camin.

Alla fine dell’anno scorso, appena sette mesi fa, si era cominciato a lavorare alla recinzione e all’allestimento del cantiere per l’interramento dei quattro elettrodotti di Terna ed Enel nell’area del Vallone Moranzani, destinata ad ospitare oltre 2 milioni di metri cubi di fanghi contaminati, scavati dai canali. Ma pochi giorni dopo il cantiere è stato bloccato dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha revocato l’autorizzazione all’intero progetto di Terna - un investimento di 290 milioni di euro per sopperire con linee di trasmissione più efficenti al 50% di deficit di produzione elettrica del Veneto - che prevedeva la razionalizzazione dei vecchi elettrodotti delle liee Fusina-Dolo-Camin-Mirano con 33 chilometri (km) in totale di nuove linee aeree e la demolizione di oltre 100 km di linee più vecchie e poco effficienti, interramenti per circa 60 km, 1.800 edifici liberati dagli elettrodotti che saranno smantellati in una fascia a 100 metri di distanza e un totale di 720 ettari di suolo liberato da servitù di elettrodotto.

Il Consiglio di Stato, però, ha revocato l’autorizzazione a realizzare questo progetto complesso e costoso per «il non adeguato parere» del ministero dei Beni Culturali e architettonici su un traliccio monostelo (contro cui era stata presentato un ricorso al Tar) che sarebbe stato piantato nell’area del parco di Villa Sagredo a Vigonovo. E a Terna che aveva chiesto una “verifica di ottemperanza” - in sostanza la possibiltà di fare una variazione al progetto o per eliminare il palo monostelo di Villa Sagredo, salvando il resto del progetto - il Consiglio di Stato ha ripetuto che no, si tratta di una revoca totale e quindi Terna dovrà ripartire da zero, elaborare un progetto tutto nuovo (di cui nulla si sa al momento) e ripresentarlo al ministero dello Sviluppo Economico, avviando così la procedura che prevede, oltre ad una nuova valutazione dell’impatto ambientale, un centinaio di pareri di enti e soggetti diversi.

Per avere un’idea di quanto ci vorrà a completare la procedura di autorizzazione, va ricordato che il vecchio progetto, revocato dal Consiglio di Stato, era stato presentato nel 2003 e solo nel 2011 era arrivata l’autorizzazione finale con l’apertura dei cantieri, ora chiusi con la prospettiva di rimanere così per molto tempo.

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