Patteggiamento negato ai furbetti del parcheggio
VENEZIA. Facevano la cresta sugli incassi del parcheggio Sant’Andrea a piazzale Roma gestito da Avm. In un anno erano riusciti a mettersi in tasca - secondo quanto accertato dalle Fiamme Gialle - ben 70 mila euro. Per Eleonora Sperti, 57 anni, e Diego Vianello, 42 anni, inizialmente l’accusa era di peculato, poi derubricato in appropriazione indebita. I due avevano chiesto di patteggiare un anno e quattro mesi, accordando la pena con il pubblico ministero. Ma ieri il giudice per l’udienza preliminare Gilberto Stigliano Messuti ha rigettato la richiesta di patteggiamento, valutando non congruo l’accordo per i due furbetti del parcheggio, entrambi difesi dall’avvocato Aldo Ghezzo.
Eleonora Sperti, assunta nel 2000, e Diego Vianello, operativo dal 1997, sono ormai ex dipendenti di Avm, la holding che per il Comune si occupa della mobilità e quindi anche della gestione dei parcheggi, tra cui quello di Sant’Andrea. I due, infatti, sono stati licenziati e hanno risarcito il danno provocato con la loro condotta. A smascherarli erano state le indagini dei finanzieri del I Gruppo di Venezia. I dirigenti di Avm avevano rilevato una serie di procedure anomale nella gestione degli ingressi del parcheggio Sant’Andrea e, soprattutto, avevano verificato che parte dei soldi pagati dagli utenti non arrivavano nelle casse della società. Le discrepanze erano evidenti tra i giorni in cui i due dipendenti nel mirino lavoravano e i giorni in cui invece erano assenti. Così i vertici della holding si erano rivolti alle Fiamme Gialle che avevano avviato le indagini coordinate dalla Procura veneziana.
Era stato necessario un lavoro certosino anche attraverso microspie e telecamere piazzate nell’ufficio cassa all’ingresso dell’autorimessa, oltre che con appostamenti, intercettazioni e studio della contabilità, per ricostruire i movimenti dei dipendenti infedeli e le loro tecniche per far sparire parte degli incassi. In particolare, gli investigatori avevano ripreso i due mentre aprivano forzatamente le sbarre del varco di entrata e di uscita del parcheggio oppure mentre annullavano, forzando le procedure, le tessere in entrata. Quando il cliente era compiacente, utilizzavano impropriamente il cosiddetto periodo di “franchigia” facendo entrare o uscire illecitamente gli automobilisti che utilizzavano il parcheggio senza riscuotere il dovuto ed ottenendo un pagamento “in nero”. Se il cliente era straniero, invece, gli proponevano di versare un importo inferiore a quanto dovuto, riuscendo a intascare direttamente l’importo senza versarlo in cassa.
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