Corvi al Patriarcato, la difesa: «Nessuna diffamazione nei volantini»

Martedì 25 febbraio la parola al difensore che ha chiesto l’assoluzione per entrambi gli imputati. Dopo quattro anni di udienze la sentenza è prevista per il 5 marzo

Eugenio Pendolini
Una udienza del processo contro i corvi del Patriarcato
Una udienza del processo contro i corvi del Patriarcato

​​​Il contenuto dei volantini contro il Patriarcato? «Molte circostanze erano vere o avevano comunque un fondamento di verità». Con queste parole l’avvocato Giovanni Trombini, difensore di Enrico Di Giorgi, accusato di essere il “corvo” autore degli ormai famosi volantini comparsi in giro per la città nel 2019, ha chiesto per il suo assistito l’assoluzione dalla condanna richiesta dalla Procura per l’accusa di diffamazione.

Insomma, per la difesa i due imputati non solo non avrebbero commesso il fatto; ma, anche laddove l’avessero commesso, non si sarebbe configurata l’ipotesi della diffamazione perché il contenuto dei volantini, appunto, sarebbe stato vero.

La vicenda, come noto, è quella relativa ai messaggi denigratori comparsi tra il gennaio e l’agosto del 2019 a Venezia, in seguito all’allontanamento e al processo canonico a carico di don Massimiliano D’Antiga, parroco delle chiese di San Zulian e San Salvador, dopo le denunce da parte del fedele Alessandro Tamborini. Al suo interno, pesanti riferimenti a comportamenti scandalosi da parte di una lobby affaristica e omosessuale all’interno della curia.

Ora l’arringa difensiva rovescia le carte in tavola. E dopo le accuse da parte del Patriarcato costituitosi parte civile, riabilita anche la versione fornita durante la testimonianza da parte di Alessandro Tamborini.

«Qui c’è qualcosa di non corretto che viene riportato nei volantini. La domanda è: da chi? Possibile sia stato Di Giorgi?», le parole dell’avvocato Trombini nel corso dell’arringa, «Di Giorgi ha negato in maniera chiara di essere stato autore volantini e ha spiegato interesse che ha avuto nel riportare volantini a casa e anche riprodurre e comprenderli».

Nei suoi confronti, alcune prove ritenute schiaccianti da parte dell’accusa. Ad esempio, le copie dei volantini trovate dai carabinieri durante una perquisizione e le impronte digitali trovate su uno dei volantini. Nel corso dell’interrogatorio, Di Giorgi aveva spiegato di aver strappato qualche volantino e di esserselo portato a casa per studiarselo. Sul punto, l’avvocato Montanari, nel collegio difensivo di Di Giorgi, ha portato a galla le menomazioni e le difficoltà fisiche dell’imputato che non gli avrebbero permesso di attaccare i volantini: «Impossibile che una persona con determinati problemi fisici potesse averli attaccati tutti. Ci sono più mani che hanno redatto quei volantini».

Trombini, poi, dal canto suo ha passato in rassegna la verità o meno del contenuto dei volantini. «Credo che questo processo attraverso testimoni dell’accusa ha dimostrato che gran parte dei fatti narrati sono veri o abbiano una parvenza di verità. Tamborini, parte civile, ha detto che i volantini riportano la verità di quello che è successo. Ad un certo punto Tamborini da alleato è diventato nemico del Patriarcato. Poi si è scontrato con un muro di gomma. La verità di quanto raccontato deriva anche dalla difesa del Patriarcato, che ha cercato di screditare Tamborini».

Tra gli esempi del muro di gomma citato dalla difesa, anche la testimonianza di D’Antiga al processo: «Non ho mai assistito a una testimonianza così vigliacca», le parole del legale, «siamo quindi di fronte ad un eccesso colposo nell’esercizio dei diritto di critica. Ma la diffamazione colposa non esiste. Tutto questo, unito alle difficoltà fisiche dell’imputato che non può aver affisso tutti i volantini, non può che portare ad assoluzione piena».Dopo quattro anni di processo e decine di udienze, per il 5 marzo è attesa la sentenza.

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