Passante, ecco perché la Regione non ha ancora pagato i 19 milioni
L’Avvocatura di Palazzo Balbi risponde al Comune di Mirano che ha deciso il ricorso al Tar: «Gli accordi sono stati firmati anche da Anas e Provincia, il commissario non c’è più, quindi neanche i soldi»
MIRANO. «Terminata la gestione commissariale è venuta meno anche la fonte di finanziamento delle opere. E comunque gli accordi di programma coinvolgevano diversi enti, non solo la Regione. Infine, se il Comune ha scelto la strada del contenzioso, significa che ha rinunciato al metodo collaborativo». Tre rilievi, firmati dall’Avvocatura regionale, formano l’articolata risposta della Regione all’ultima nota inviata dal Comune di Mirano al governatore Luca Zaia sull’inadempimento dei tre accordi di programma per la realizzazione delle opere complementari al Passante. Quelle per cui il Comune ha deciso di instaurare una causa al Tar del Veneto.
Le ragioni della Regione.
Insomma, la Regione non paga? Ci sono almeno tre ordini di motivi. E finalmente ora Palazzo Balbi li mette nero su bianco, comunicandoli al Comune di Mirano tramite una nota inviata nei giorni scorsi al sindaco Maria Rosa Pavanello. Primo: non c’è più il commissario straordinario. «Rispetto all’originaria stipula degli accordi», spiegano i legali della Regione nella nota firmata dall’avvocato Ezio Zanon, «è cessata nel frattempo la gestione commissariale per la realizzazione del Passante e, con essa, la principale fonte di giustificazione e finanziamento degli interventi programmati». Secondo: la Regione non è il solo ente coinvolto da quegli accordi. «Il compimento delle opere previste dagli accordi di programma», prosegue l’Avvocatura regionale, «non è collegato agli esclusivi adempimenti della Regione, essendo questo obiettivo perseguibile attraverso una concertazione tra tutti gli enti sottoscrittori degli accordi stessi». Terzo: il ricorso al Tar allontana, invece che avvicinare, la realizzazione delle opere: «L’accordo collaborativo, che ha già incontrato positivi riscontri negli anni passati», conclude la nota, «meriterebbe di essere rinnovato con il pieno coinvolgimento dei soggetti che hanno partecipato o si sono succeduti ai firmatari, sia nella considerazione che il quadro economico e finanziario è mutato, sia che, con esso, potrebbero essere cambiate anche le priorità degli interventi».
Conti in rosso.
Nella nota i legali della Regione sottolineano anche come nel frattempo (gli accordi sono del 2007, 2008 e 2010) si sia affievolita non solo la capacità di spesa dei Comuni, ma anche la disponibilità di risorse della Regione, compresa quella destinata a finanziare opere infrastrutturali: «Buona parte delle opere previste nei primi due accordi è stata realizzata», rileva l’Avvocatura, «come rimane fermo l’impegno della Regione, votato in Consiglio regionale con il Piano della viabilità 2006-2008, di realizzare una serie di interventi che formano proprio l’oggetto del ricorso del Comune e riferibili all’importo dei 19 milioni dell’accordo del 2010».
Ricorso.
La nota dell’Avvocatura è strettamente tecnica, il significato politico però è evidente. Con queste valutazioni la Presidenza della Regione spiega una volta per tutte come stanno le cose: non c’è malafede né volontà politica nel non aver sganciato un euro per le opere previste dagli accordi. Esistono invece una serie di motivazioni che non trovano responsabilità nella giunta regionale in carica. In questo senso il ricorso al Tar, oltre che interrompere la collaborazione istituzionale, potrebbe risolversi in un nulla di fatto qualora il giudice riconoscesse queste considerazioni come un ostacolo all’adempimento degli accordi stessi.
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