Tribunale di Venezia ancora imbrattato: piazzale Roma in balia del clochard Pasquale Aita
Ennesima scorreria di Pasquale Aita il giorno dopo l’aggressione alla consigliera regionale Rizzotto. Il senza fissa dimora è a un passo dalle cento denunce, venerdì 28 febbraio sarà a processo

Ad un passo dalle cento denunce. Dopo le minacce di martedì alla consigliera regionale Silvia Rizzotto, il clochard di piazzale Roma Pasquale Aita ne ha combinata un’altra delle sue. L’ennesima, appunto.
Poco prima delle sette di mattina, infatti, gli addetti al servizio di sicurezza della Cittadella della giustizia di piazzale Roma l’hanno visto con i barattoli della vernice in mano appena svuotati contro le porte in vetro d’ingresso. Tre i colori utilizzati da Aita: verde, bianco e rosso. Il tricolore della bandiera italiana. L’ennesima beffa.
Costata però una giornata intera trascorsa dagli addetti alla sicurezza con l’odore chimico dei solventi nelle narici, oltre ovviamente all’intervento di una squadra di pulizia e degli operatori Veritas per ripulire, per l’ennesima volta, l’ingresso del tribunale. Solo in serata, la vernice è stata quasi del tutto tolta dalle vetrate.
L’episodio di ieri, ovviamente, si è concluso con l’ennesima denuncia a carico di Aita. Gli addetti alla sicurezza, infatti, hanno immediatamente chiamato gli agenti della polizia di Stato, arrivati nel giro di pochi minuti dagli uffici della Questura a Santa Chiara. Per Pasquale, immortalato dalle telecamere che per motivi di sicurezza sorvegliano l’ingresso, e in passato già bersagliate dal clochard, sono scattati un altro verbale e una nuova denuncia.
Ammonimenti che l’uomo considera carta straccia se puntualmente, ogni mattina, con le sue cose e la carrozzina che usa come carretto, parte dalla casa dell’accoglienza di via Santa Maria dei Battuti di Mestre e raggiunge in pullman piazzale Roma. Una volta qui arrivano gli uomini in divisa per l’ennesima diffida correlata dalla denuncia. Il suo comportamento tenuto finora, infatti, non ha mai lasciato intendere l’intenzione di non rimettere più piede a piazzale Roma, snodo principale della città ormai ostaggio delle difficoltà del clochard Pasquale.
Cinquant’anni, nato in Germania, ma di origini partenopee, è arrivato a Venezia ormai da una decina d’anni. Proveniva dalla Grecia dove era rimasto a protestare per oltre un anno davanti all’ambasciata tedesca ad Atene contro la politica economica del suo paese d’origine. Arrivato in città si è sistemato in piazzale Roma dove tra slogan gridati al megafono e sfottò contro il potere, trascorre le sue giornate. Negli anni è diventato amico di molti che lo aiutano regalandogli vestiti e altro.
A oggi, però, Aita si trova sotto processo per decine di episodi di imbrattamento, più di novanta violazioni di ordini di allontanamento da piazzale Roma da parte del questore, oltre che minacce, insulti, uso di coltelli.
Gli ultimi provvedimenti nei suoi confronti, prima della calma apparente infranta con i due episodi di ieri e di martedì, risalgono a Natale. Aita era stato fermato una prima volta il 24 dicembre per la violazione di una misura di sicurezza emessa d’urgenza dalla giudice Licia Marino nei giorni precedenti; l’arresto è stato convalidato dal giudice Enrico Ciampaglia, che aveva anche emesso un nuovo divieto di dimora a Venezia. Il giorno seguente però Aita ha violato il divieto ed è quindi finito, sempre per direttissima, di fronte a giudice Giulia Caucci, che ha staccato una nuova convalida ma l’ha anche rimesso in libertà, visto che per legge le misure cautelari non possono essere emesse per pene che prevedano meno di tre anni di carcere.
Difeso dall’avvocato Federico Tibaldo, venerdì 28 febbraio davanti al giudice Bertolo è in programma un’udienza nel tribunale di Venezia in cui dovranno essere trattate alcune delle svariate accuse mosse nei suoi confronti.
Difficile, però, immaginare che nell’immediato possa cambiare qualcosa.
«Noi applichiamo quello che le norme ci consentono», il commento del questore Gaetano Bonaccorso. Rimasti lettera morta tutti i provvedimenti nei suoi confronti, inutili i tentativi di convincerlo ad accettare percorsi protetti e al tempo stesso impossibile imporgli ricoveri o altri trattamenti sanitari obbligatori, non trattandosi di un paziente psichiatrico. L’attenzione delle autorità è costante. Ma le possibili soluzioni per aiutare una persona ai margini, il cui comportamento continua a provocare problemi, scarseggiano. Sintomo evidente di un sistema di tutela sociale che non funziona.
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