Parrucchieri abusivi a Mestre, il nostro reportage fra tagli e pieghe che costano la metà
Viaggio tra chi lavora a domicilio o fuori dal salone fa il doppio turno. E’ di fatto uno smart working abusivo. Una parrucchiera che lavora in nero: «Chi ha sessanta euro per piega e colore da fare in negozio?»
![Sempre più parrucchiere abusive al lavoro a Mestre](https://images.nuovavenezia.it/view/acePublic/alias/contentid/1h2ogu90z48m1eq9s4p/0/c0547252_pr-jpg.webp?f=16%3A9&w=840)
Non c’è un prezzo fisso di listino, ogni parrucchiera che lavora in casa evadendo le tasse – e sono un esercito – decide quanto far pagare alle sue clienti in base alla spesa, ai prodotti utilizzati, al servizio reso. Smart working abusivo, lo si potrebbe definire usando un termine in voga, con una sfumatura “sociale”.
L’identikit è presto detto: la maggior parte sono italiane, trasformano casa in un salone improvvisato dove tagliano capelli mentre i figli sono a scuola e il marito è al lavoro, quello fisso. Fanno pieghe e colori, alla stessa stregua delle parrucchiere dei saloni in voga. Scelgono gli orari di lavoro flessibili e mettono in tasca i soldi in nero.
Fino a quando una cliente scontenta o una amica che paga le tasse per arrivare a fine mese, non spiffera. A seconda se si hanno i capelli corti o lunghi, si può pagare dai dieci euro ai quindici per una piega, poi dipende se ci si aggiunge un tonalizzante o il taglio. C’è chi compera da sé le fiale anti caduta e le porta alla parrucchiera in nero di fiducia, per abbassare ancora di più il prezzo.
Ce n’è una in ogni quartiere, ma la maggior parte vanno per le case, richiestissime dalle anziane. E visto che la popolazione veneziana è avanti con gli anni, accade sempre più spesso che ci sia molta richiesta di signore auto-munite, le quali si recano a domicilio a fare il colore e la piega alle anziane che hanno difficoltà a spostarsi, e magari oltre alla proprietaria di casa, ci scappa il taglio anche alla badante.
Le parrucchiere a domicilio, spesso le stesse che lavorano in casa, sono rimaste senza lavoro e mettono a frutto l’esperienza maturata nel campo per portare a casa due soldi, altre volte sono professioniste che scelgono di lavorare in “smart”.
«Se c’è la domanda» spiega una di loro che preferisce rimanere anonima «significa che c’è la richiesta. Prestiamo un servizio a una fascia di popolazione che non ha abbastanza denaro da sborsare in un salone in regola, magari non può muoversi, non arriva a fine mese con la pensione. Ma vuole essere in ordine. Per piega e colore oggi ti prendono anche 60 euro in negozio. Chi li ha?» dice una donna che oramai da dieci anni gira di casa in casa. «Meglio noi dei cinesi, che non emettono scontrino e utilizzano prodotti scadenti. Ingaggiano la famiglia intera, lavorano giorno e notte senza mai chiudere, mangiando tra un taglio e l’altro». Una fabbrica in nero.
In giro per la città, i parrucchieri cinesi sono quelli dove non si prende appuntamento. Si entra e si attende. In centro come in periferia, spuntano come funghi. Una piega per donna può costare 12 euro. Non aggiungono maschere, ammorbidenti, sovraccarichi. Quanto è scritto, quello è il prezzo. La metà che in un salone gestito da italiani. E in fila, hanno tantissimi anziani, che li chiamano per nome. «Luca, mi serve una piega. Ritoccami il colore, fammi scomparire questo giallo».
Qualcuna fa il doppio turno: in negozio e in casa il giorno libero, per amiche e persone fidate.
«Se scegli un parrucchiere abusivo commetti un reato anche tu. Usufruire dei servizi di parrucchieri non autorizzati nella propria abitazione o in locali non a norma è illegale» la campagna di Confartigianato, che da anni combatte quella che definisce una piaga. «In negozio una piega costa 25 euro, poi con la maschera arrivi a 35» spiega Sergio Gnan, noto parrucchiere, titolare di Beauty Fashion e presidente di categoria Cgia: «Dopo il Covid è esploso il boom delle parrucchiere in casa, a volte come nella medicina di gruppo, si uniscono. Ce ne sono di brave. Eppure con la tracciabilità alla quale siamo sottoposti, dovrebbe essere impossibile evadere il fisco e fare l’acconciatore in nero da casa. Che vengano a lavorare da me, io cerco parrucchieri fatti e finiti e non li trovo».
Gnan allarga il tiro: «I loro concorrenti sono i cinesi, anche se oggi annoveriamo indiani, bengalesi, turchi. Ma un negozio in regola come può competere? Il costo del personale è esorbitante. Non capisco come si faccia a chiedere 12 euro a piega, perché i costi di gestione sono folli. I soldi si fanno annacquando i prodotti e lesinando sull’igiene».
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