Parroco scrive al vescovo e scappa via

Don Alberto Bernardi ha trascorso molti anni da sacerdote a San Donà e Martellago. Ora regge il Sacro Cuore a Treviso. Nessuno sa più dove sia
Don Alberto Bernardi e il vescovo Gianfranco Agostino Gardin
Don Alberto Bernardi e il vescovo Gianfranco Agostino Gardin

SAN DONÀ. Don Alberto, alla guida da anni alla parrocchia del Sacro Cuore di Treviso, molto attivo nel sociale, giorni fa ha scritto una lettera al vescovo, subito dopo ha lasciato tutti gli incarichi, senza salutare nessuno ed è fuggito via. Facendo perdere le proprie tracce.

Il parroco. Don Alberto Bernardi ha vissuto a San Donà alcuni degli anni più importanti della sua formazione sacerdotale. Giunse in città nel 1995 da seminarista. Per tre anni, fino al 1998, svolse la sua attività in Duomo. Quindi, ordinato parroco nel maggio del 1998, si spostò per alcuni anni a Martellago, dove ricoprì l’incarico di viceparroco. Nel 2002 il suo ritorno a San Donà, dove per cinque anni è stato vicario parrocchiale a San Giuseppe Lavoratore. A San Donà risiede attualmente il fratello, don Maurizio Bernardi, sacerdote a San Pio X e a Calvecchia-Fiorentina. Lo stesso don Alberto, nonostante gli anni di assenza, ha mantenuto un vivo legame con la città. L’ultima sua visita a San Donà risale a un paio di mesi fa, quando venne in città per celebrare un matrimonio di due parrocchiani.

La crisi. «Crisi di vocazione», sussurra qualcuno nel quartiere a Treviso. «Si è spretato forse perché si è innamorato», dice qualcun altro. «Lasciatelo in pace, cerca solo un po’ di riposo, è stanco», sostiene un altro parrocchiano. Ma pochi sanno la verità, mentre il prete non risponde al telefono, se non ai numeri che conosce bene. C’è solo una traccia, con il senno di poi, della sua decisione di tagliare i ponti con la sua vita di uomo di chiesa: su “Iclesia”, la social app che su internet contiene le notizie di tutte le parrocchie, nel “foglietto degli avvisi” di domenica 21 agosto della parrocchia del Sacro Cuore di Treviso, proprio don Alberto scrive: «Nelle prossime settimane don Alberto sarà assente dalla parrocchia per un periodo di riposo. La messa feriale sarà celebrata da don Giuseppe. Per eventuali funerali rivolgersi a don Ado della parrocchia di San Bartolomeo».

L'avviso. Un annuncio all’apparenza normale. E invece, con il senno di poi, era l’avvertimento di qualcosa di sofferto, che sarebbe accaduto pochi giorni dopo. Don Alberto Bernardi, 48 anni, di San Martino di Lupari, in provincia di Padova, dove la madre aspetta notizie con apprensione, pochi giorni fa ha lasciato all’improvviso la parrocchia del Sacro Cuore di via Dalmazia. Al momento, pare, non ancora la tonaca, ma sarebbe questione di ore, mentre sono certe le dimissioni da tutti gli altri suoi incarichi: quello di responsabile dell’emporio solidale Beato Erico di via Battisti, di membro del consiglio pastorale, di responsabile della Pastorale del Lavoro, che lo ha visto collaborare a lungo con l’Ascom Confcommercio, tutti incarichi già passati ad altri religiosi, in questi giorni che hanno creato scompiglio in Diocesi.

Una lettera. Ma prima di andarsene don Alberto ha scritto una lettera al vescovo di Treviso, Gianfranco Agostino Gardin, dove annunciava la rinuncia agli incarichi, forse anche alla vita religiosa, con a un certo punto una frase sibillina che denuncia comunque una crisi profonda: «Lascio perché quando ho chiesto aiuto nessuno mi ha sentito», nella Diocesi, tra le file della Curia.

Sentimento. Aiuto per cosa? Forse per una fede sempre più incrinata, messa alla prova. Il suo addio al Sacro Cuore è stato comunicato ai parrocchiani mercoledì scorso da don Adriano Cevolotto, vicario del vescovo, durante il consiglio pastorale. E ieri, durante la messa al Sacro Cuore, i religiosi presenti al posto di don Alberto si sono limitati ad annunciare che il parroco se ne era andato. Silenzio assoluto dai piani alti della Diocesi, mentre chi lo frequentava si limita a dire che negli ultimi tempi il prete sembrava sempre chiuso in se stesso, come una persona a cui cominciassero a mancare certezze sulla propria vocazione. O forse un sentimento nuovo, che lo faceva vacillare.

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