Paolo e Michela, un amore che commuove Abbate e l’Italia

Lui ha 48 anni, nel 2016 gli è stato diagnosticato l’Alzheimer, lei combatte per lui Un post del giornalista su Facebook ha ottenuto 13 mila like e tante emozioni



Sorridono: lei combattiva ma dolcissima, lui lo sguardo buono di chi lotta ogni giorno per salvare quella consapevolezza che inesorabilmente sfugge via. La felicità? Forse un abbraccio, una carezza nella fatica quotidiana di sapere che il domani sarà ancora più in salita. Michela Morutto, impiegata in uno studio commercialistico, e Paolo Piccoli sono marito e moglie. Hanno due figli. E dal 2016 convivono con una sentenza senza appello: nel giorno del loro anniversario di matrimonio a lui è stato diagnosticato il morbo di Alzheimer. La vita è cambiata. Con tanta fatica. Anche perché per i malati “giovani” di Alzheimer – Paolo ha 48 anni – non sono previsti servizi adeguati all’età. Lui è seguito da un centro sollievo i cui ospiti superano abbondantemente i 70 anni, a eccezione di uno che ne ha 55. E questo è un problema. Michela e Paolo hanno scelto di non piangersi addosso, ma di combattere. Non cercano commiserazione. Partecipano a dibattiti, convegni, trasmissioni televisive affinché si intervenga, si predispongano leggi e servizi. «Affinché», esemplifica lei, «l’Inps non ti imponga di fare la cosiddetta visita di revisione per verificare la permanenza dell’invalidità come se dall’Alzheimer si potesse guarire». Magari in un futuro, quando le cure sperimentali daranno risultati e forse riusciranno a trattenere la mente che si perde nella nebbia, sempre più fitta giorno dopo giorno. «Terapie sperimentali», aggiunge Michela, che dal settembre 2018 ha abbandonato il suo lavoro per seguire il marito e che, salvo nuove leggi, tra 9 mesi, ad aspettativa finita, dovrà tornare a fare l’impiegata, «da cui Paolo è stato escluso». La loro storia, forte di un amore incondizionato, ha commosso anche Carmelo Abbate, il giornalista che si è licenziato da Panorama un anno fa «per tornare a fare il mio lavoro: stare in mezzo alla gente», opinionista di molti salotti televisivi. «Li ho visti in tivù, in un servizio delle Iene su Italia 1», dice, «Mi hanno colpito la forza di Michela e la dolcezza di Paolo. Così li ho contattati e ho deciso di condividere la loro storia“bellissima” e incredibile nel mio profilo Facebook». Il post, caricato lo scorso 16 gennaio, ha superato presto i 13 mila like, oltre 1.200 le condivisioni quasi 800 i commenti. «Michela», ha scritto Abbate, «ha lasciato il lavoro per stare a casa con il marito. Gli deve ricordare perfino come vestirsi, lavarsi, mangiare. Si fa carico di tutto. Famiglia, bollette, mutuo. Paolo non può fare a meno della moglie. Lei è la sua memoria, il suo legame con il mondo. Quando è lucido, capisce cosa gli sta succedendo. Piange, chiede scusa. Ha perso il suo ruolo di marito, padre, lavoratore. Si sente un peso. Vive con la consapevolezza che prima o poi si scorderà anche della sua famiglia». Michela e Paolo ci hanno messo la faccia «perché le istituzioni non sono preparate per prendersi cura delle persone malate di demenza a insorgenza precoce, né tantomeno a farsi carico di tutta la famiglia che spesso si ammala a sua volta, per assistere un malato nel suo lento declino, fino ad arrivare alla fine». Sotto al post la solidarietà del web, che se non cambia il destino, aiuta ad andare avanti ed è comunque un sasso lanciato – si spera – senza nascondere la mano. —



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