Paolo Cardazzo, l’architetto dimenticato da Venezia

Il 12 maggio 1984 veniva distrutto dal fuoco il “padiglione dei libri” eretto nel 1950 all’interno dei Giardini della Biennale che Carlo Cardazzo aveva commissionato a Carlo Scarpa. Gallerista ma anche Editore, Cardazzo è stato uno dei protagonisti dell’arte contemporanea lavorando tra Venezia e Milano, tra la Galleria del Cavallino e quella del Naviglio.
Scarpa, si sa, ha “costruito” pochissimo e risulta tutt’ora molto grave la perdita di quella che era stata definita “una delle più raffinate sperimentazioni spaziali dei Giardini”. Paolo Cardazzo, figlio di Carlo e architetto lui stesso, aveva offerto disponibilità e assistenza per una ricostruzione immediata. La Biennale (presidente Paolo Portoghesi) pareva aver accettato, ma poi non se ne fece nulla. O meglio, nel 1990 toccò alla Electa chiedere a James F.Stirling la progettazione di un nuovo e più grande “padiglione del libro” inaugurato l’anno dopo e tutt’ora in uso.
Nel frattempo la Galleria del Cavallino, grazie all’effetto domino degli affitti veneziani che cominciavano a diventare sempre più insostenibili, ha dovuto lasciare la sua sede in calle dei fuseri, continuando comunque un’attività in minima parte espositiva ed eminentemente editoriale in una sede privata non più a contatto diretto con il pubblico
. Ha cercato, insomma, di non ”chiudere” quella che dal punto di vista culturale è stata una grande risorsa per Venezia. Fino a quando ce l’hanno fatta Paolo e la sorella Gabriella hanno aperto ai giovani emergenti portando a Venezia certezze artistiche internazionali. Dopo annose fasi alterne sempre più invasive Paolo Cardazzo si è arreso alla malattia il 19 ottobre scorso. Gli amici si sono stretti intorno alla sorella e alla famiglia. Ma nessuno del mondo “artistico” istituzionale, dal Comune alla Biennale, era presente a salutare un imprenditore privato, erede di uno degli inventori illuminati del “mercato” novecentesco, che ha dedicato alla vita alla conoscenza, alla scoperta e alla diffusione dell’arte contemporanea. Questa Venezia del nuovo millennio pare sempre più proiettata verso il futuro nella perfetta ignoranza (casuale? voluta?) del passato, anche di quello appena prossimo.
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