Palude Venezia, gli scontri dentro gli uffici Edilizia del Comune: «Da Boraso un controllo asfissiante»

Gli atti dell’inchiesta. Il funzionario Maurizio Dorigo racconta del clima a Ca’ Farsetti: «Il sindaco diceva che avrebbe piazzato due palazzi al cinese»

Roberta de Rossi
I due palazzi sede del Comune di Venezia
I due palazzi sede del Comune di Venezia

I blitz quasi quotidiani dell’assessore Renato Boraso negli uffici dell’Urbanistica per sollecitare questo o quel progetto di privati. Le tensioni tra funzionari, dirigenti, vertici amministrativi, tra chi quei progetti voleva autorizzare e chi vi opponeva le norme e piani.

Uno dei dirigenti più determinato a raccontare è Maurizio Dorigo: in Comune dal 1991, già direttore dell’Edilizia privata, con la riorganizzazione voluta dal sindaco Brugnaro (che ha ridotto da 20 a 12 i direttori), Dorigo diviene dirigente dell’area Urbanistica, rispondendo all’architetto Danilo Gerotto. Sentito quale teste, in vari interrogatori ha riempito decine di pagine di verbale davanti ai finanzieri che investigavano su “Palude”, presentando una serie di pareri negativi dati a questo o quel progetto, trasformati in via libera. Progetti che hanno riempito le cronache e che non interessavano solo Boraso.

L’invadenza di Boraso

«Quasi tutti i giorni l’assessore Boraso si recava presso gli uffici dell’Urbanistica, arrivando addirittura a convocare riunioni in merito a pratiche in corso di sviluppo dall’Urbanistica, anche con persone esterne al Comune», dichiara a verbale.

Un esempio? «In relazione alle pratiche Aev e Montemesola (a Favaro Veneto) Boraso ha convocato riunioni presso i nostri uffici, anche alla presenza di parti private, nella totale indifferenza del direttore architetto Gerotto, al quale io e i miei colleghi abbiamo manifestato ripetutamente la nostra assoluta contrarietà. Innanzi alle nostre lamentele, l’architetto tendeva a giustificare Boraso, di fatto assecondando il suo comportamento invadente e prepotente». Gerotto testimonierà a sua volta di essersene lamentato eccome con la direzione generale: invano.

Il park Benetazzo

Si parte dalla richiesta di costruire un parcheggio per 167 posti auto presentata dai coniugi Nievo Benetazzo- Borgati su un’area a Tessera.

«La variante era stata firmata dall’architetto Sartori, all’epoca dirigente della Mobilità», racconta Dorigo, «chiesi il motivo dell’anomalia procedimentale, in quanto prima competenza è dell’Urbanistica e (l’allora superiore, ndr) Raffaele Pace, sentito Sartori, mi rispose che aveva appreso che il fine della variante era agevolare due posizioni note all’assessore Renato Boraso».

Dorigo si oppone sostenendo che il parcheggio ricade anche nell’area del Bosco di Mestre: «Le ingerenze di Boraso erano i continui accessi nel mio ufficio e in quello dei miei collaboratori affinché fosse rilasciato in tempi brevi il parere positivo, segnalando rischi risarcitori che l’ufficio si sarebbe visto contestare. A seguito del parere negativo, Gerotto ha avocato a sé le procedure successive».

Il villaggio Reyer su terreni agricoli

Gli investigatori chiedono a Dorigo se sappia qualcosa del cambio di destinazione d’uso dei terreni nei pressi del palasport Taliercio.

«Nel 2019 l’amministrazione comunale ha deciso di variare la destinazione d’uso di diversi terreni», racconta Dorigo, «motivando un aggiornamento del Piano degli interventi. Con la variante sarebbe stata introdotta l’edificabilità per quei terreni soggetti a decadenza (decorsi 5 anni dall’approvazione del Pat) o, in generale, sarebbe stato conferito maggior valore a quei terreni. Su 30 domande pervenute, l’architetto Gerotto di concerto con il sindaco Brugnaro ne ha selezionate 18».

Tra quelle accettate c’è la richiesta di Soravia srl: «Il 3 dicembre 2019, ovvero tra il passaggio in giunta del 30 ottobre e l’adozione in Consiglio comunale del 13 dicembre 2019, Soravia aveva ceduto alla Reyer un terreno avente, prima della delibera, destinazione agricola. Non ne ero a conoscenza. Il 20 luglio 2020, elaborando un documento propedeutico all’approvazione definitiva, l’ufficio Urbanistica ha rilevato delle incongruenze: il cambio di proprietà dei terreni, che si traduce in potenziali eventi speculativi; il fatto che il subentrante, la Reyer, sia un soggetto che “partecipa” politicamente al procedimento. Nel documento c’è una nota dell’architetto Gerotto, “Ok con spostamento area sportiva”.

Mi ha detto di averla apposta nel corso di una riunione con il sindaco e deve intendersi come recepimento da parte di Brugnaro del progetto di Soravia, proprietaria di un’area a destinazione sportiva divenuta edificabile in virtù della variante e di un’attigua porzione di terreno agricolo, venduto alla Reyer, divenuto a destinazione sportiva».

Dorigo e un collaboratore ne chiedono conto a Gerotto: «È andato in escandescenze nei confronti del sindaco e del direttore generale manifestando preoccupazione. Dopo qualche istante di agitazione Gerotto ha riferito che la situazione era sotto controllo, avrebbe sentito il direttore generale Asteria e che il sindaco Brugnaro avrebbe tenuto una conferenza stampa per presentare il Villaggio Reyer. Dopo infruttuosi inviti che gli ho rivolto a segnalare l’anomalia, mi ha invitato a lasciar perdere di fronte al rischio al quale mi sarei esposto se avessi insistito».

I Pili: «Un impulso»

Gli investigatori chiedono a Dorigo se sia intervenuto sui Pili e lui dice di no, ma ricorda che quando si occupava di parcheggi su aree private «ho adottato provvedimenti in relazione alle irregolarità emerse. Il parcheggio sull’area dei Pili di proprietà di Porta di Venezia era oggetto di convenzione dal 2014 con il Comune per 7 anni. Nell’agosto 2022 il termine era ampiamente scaduto. Segnalata la circostanza alla direzione Lavori pubblici venni “riorganizzato” con provvedimento di giunta che toglieva l’ambito al mio settore». Poi un aneddoto.

Nel 2016, incontrando i dirigenti, Brugnaro disse «che Venezia aveva bisogno di un impulso sotto il profilo della promozione territoriale. Ha detto di aver conosciuto a Firenze, durante la partita del calcio fiorentino, un “cinese” che gli era stato presentato dal sindaco Nardella. Nel vantarsi delle proprie abilità imprenditoriali, riferì che gli avrebbe “piazzato” due palazzi comunali». Il primo incontro con il magnate Kwong.

La torre di viale San Marco

Dorigo parla poi dell’accordo pubblico-privato sul terreno tra viale San Marco, via Boerio, Viale Vespucci a Mestre, di proprietà della Virgineofranco, che aveva proposto nel 2017 la riqualificazione di un’area degradata in disuso per la quale veniva richiesta destinazione residenziale/commerciale e servizi: «Procedimento avviato su proposta della Genuine Srl, che io ho sempre ricondotto alla società Setten Genesio, che ho avuto modo di incontrare. Nel corso del procedimento l’edificio a Torre ha mutato l’uso fino a divenire totalmente residenziale.

Avevo rilevato criticità in relazione al Pat: intendevo ammissibili solo interventi tesi a migliorare la matrice ambientale e urbana senza nuove costruzioni che avrebbero “peggiorato” il carico urbanistico. Per Gerotto l’intervento proposto era pienamente compatibile con il Pat (...) dalle interlocuzioni con lui è emerso chiaramente che la questione era argomento attenzionato direttamente dal direttore generale Morris Ceron al quale lo stesso Gerotto - mi disse - aveva promesso la conclusione dell’accordo. Tre giorni e la delibera è stata portata in pregiunta per l’adozione in Consiglio».

Gerotto: «Procedura argina-Boraso»

«Renato Boraso si interessa da sempre di cose che non gli appartengono, certamente non al suo assessorato, e proprio per queste sistematiche interferenze abbiamo istituito una procedura per arginarlo», ha messo a verbale l’architetto Danilo Gerotto, direttore dell’Urbanistica, «veniva spessissimo per chiedere di pratiche in istituzione e non solo. I suoi interventi erano sempre ed esclusivamente nell’interesse di un privato. In tal modo ogni suo accesso rendeva sospetta una pratica e determinava da parte nostra un surplus di attenzione».

«Mi accusava di rallentare le pratiche che a lui interessavano», prosegue Gerotto, «mi sono lamentato dell’invadenza di Boraso con l’assessore De Martin e penso che abbia agito politicamente. Ne avevo riferito anche al sindaco Brugnaro. Sapevamo che imprenditori nella zona di Favaro avevano contatti diretti con Boraso: gli affari nella zona di Favaro, Campalto, Tessera e Dese sono seguiti da Boraso in modo molto presente e talvolta asfissiante».

Poi entra nel merito: «Mesi fa è venuto sostenendo che sulle terre agricole del Benetazzo doveva essere installato un impianto di calcestruzzo, che avremmo dovuto autorizzare con una variante urbanistica. L’ho mandato via bruscamente. Dopo qualche giorno ci è arrivato un esposto di un sedicente comitato che attaccava un impianto di calcestruzzo preesistente e come indirizzo dava la chiesa di Favaro».

Ma perché nessuno lo denunciava? «Perché in qualche modo gli si riconosceva un’influenza nelle zone orientali del Comune: personaggio indubbiamente strano, portava avanti interessi politici del suo territorio. Benetazzo aveva richiesto di fare un albergo a Tessera e noi lo rigettammo: venne Boraso e mi prese a male parole dandomi dell’incompetente. Fu depositato un ricorso al Tar molto aggressivo contro di noi: il Tar lo rigettò».

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