Inchiesta Palude, i Pili e le due torri alte fino a 97 metri: alberghi e case nel masterplan del 2018
Nel documento, sequestrato negli uffici di Umana, oltre all’arena da basket anche edifici per 112 mila metri quadrati

Nella primavera del 2018 gli architetti del DP Architects Pte Ldt, che lavorano per Ching Chiat Kwong, vengono a Venezia per vedere palazzo Donà (che ha già comprato dal Comune per 6,7 milioni di euro) e palazzo Poerio Papadopoli che si appresta ad acquistare.
Vanno anche ai Pili e stendono una bozza di masterplan, trovato dai finanzieri negli uffici di Umana, insieme a molti altri: tanti i progettisti che si sono confrontati con i Pili da quando nel 2006 l’allora imprenditore Luigi Brugnaro ha comprato questo terreno inquinato per 5 milioni dal Demanio per metterlo a frutto, pensando al palasport per la sua Reyer. Gli architetti di Ching accenderanno un faro sull’inquinamento dell’area.
Ching è intrigato da quel waterfront, da quando Brugnaro - nell’aprile del 2016, nel frattempo diventato sindaco - gli ha mostrato quei 41 ettari di sua proprietà con affaccio sulla laguna, con promessa di poterci costruire ciò che vuole (anche se la destinazione è ancora a verde attrezzato). Per anni - fino almeno al 2019 per la Procura - gli staff dell’uno (Luis Lotti) e dell’altro (l’ex amministratore di Porta di Venezia Derek Donadini, vice capo di gabinetto in Comune, e il dg Morris Ceron) si incontrano.
Per i pm Terzo e Baccaglini, c’è di mezzo un accordo: Ching acquista l’area per 150 milioni e in cambio avrà dal Comune tutte le autorizzazioni per realizzare edilizia commerciale, residenziale e palasport e raddoppiare le cubature.
Per la difesa di Ching - lo Studio Simonetti, che da sempre sostiene che il “business” del magnate è associarsi con i proprietari dei terreni e non acquistarli - il masterplan sequestrato negli uffici dimostrerebbe che comunque, da parte sua, l’edificato sarebbe stato molto inferiore ai 341 mila mq ipotizzati dalla Procura. Nonostante, due svettanti torri-hotel da 67 e 97 metri proposte dagli architetti nella prima bozza di Masterplan, datato 21 settembre 2018. Nel masterplan si ipotizzano rialzi ed edifici protetti dalle acque alte e di separarli dal ponte della Libertà con il suo traffico costante che provoca noise, rumore, spostando le costruzioni verso l’interno. Piace che sia a 10 minuti dall’aeroporto e che “guardi” Venezia.
Per farci cosa? Lo studio ipotizza due hotel-torre da 17 e 24 piani e 600 stanze, un’Apa-hotel da 150 appartamenti e un Residence da 100 unità da 200 metri quadri l’una, l’Arena Stadium da 16 mila posti, piscine, un’area commerciale per 100 negozi e 10 tra ristoranti e bar, due centri benessere 10 piani di uffici. Gli architetti sollecitano Ching ad avere più informazioni dalla proprietà sull’inquinamento di terreni e acque e di chiedere Porta di Venezia ha commissionato una ricerca sulle “radiazioni” in zona e con quali risultati.
Per costruire quanto? Edifici per 217 mila metri quadrati e un’altezza massima di 97 metri, secondo l’indice di edificabilità dello 0,50; 112 mila metri quadrati e un indice dello 0,28 - scrivono gli architetti - «sulla base delle indicazioni del cliente».
Ma come è nato il “fatale” incontro tra Ching e Brugnaro? Lo racconta ai pm Terzo e Baccaglini - sentito come teste - l’architetto fiorentino Fabio Valeriani, che con Ching aveva lavorato in Toscana salvo poi essere scalzato dall’arrivo di Claudio Vanin. Valeriani sa che Ching è in cerca di aree sulle quali investire: «Nel 2016 mi sono interfacciato con un mio caro amico, Luigi De Siervo, all’epoca presidente onorario del teatro La Fenice, che mi propose un incontro con Brugnaro e mi diede il contatto del capo di gabinetto del sindaco Morris Ceron». Siamo al celebre incontro in Comune dell’aprile 2016: ci sono Ching e signora, Lotti, Angelica Bonsignori, Ceron, Brugnaro.
«Non ricordo di aver conosciuto Derek Donadini», risponde a specifica domanda Valeriani, «ma ho intrattenuto rapporti telefonici e di email in relazione a potenziali investimenti veneziani. Non so quale ruolo abbia in seno al Comune: ebbi piuttosto l’impressione che fosse uomo di fiducia di Brugnaro imprenditore».
Cosa accadde in Comune? «Il sindaco e il suo staff ci dissero che vi sarebbe stata la possibilità di trasformare in alberghi alcuni palazzi storici del Comune già all’asta e acquisire alcune aree edificabili nella zona di Porto Marghera, non dando indicazioni circa la proprietà.
Un’area molto estesa su cui si sarebbe potuto sviluppare un importante progetto, tra altri edifici, alberghi e residenze (...) Ricevemmo indicazioni dal sindaco e dal suo staff che l’area doveva essere bonificata.
Ci venne detto che era in corso un costoso progetto di bonifica. E garantito che in fase di acquisizione sarebbe stata bonificata». E i palazzi? «Ho manifestato io al Ching la possibilità di ottenere un abbassamento del prezzo per Poerio: un consiglio per una congrua redditività».
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