Palazzo Grimani chiude al pubblico

Il restauro è costato decine di milioni. Il museo cinquecentesco sarà aperto per qualche ora solo il venerdì e il sabato

Palazzo Grimani chiude. Quello che è forse il più bel palazzo rinascimentale di Venezia, museo di se stesso e della collezione di capolavori artistici e archeologici che un tempo ospitò, da domani non sarà più visitabile dal pubblico se non, per poche ore, il venerdì e il sabato dalle 14 alle 19.15 (con ultimo ingresso alle 18.30).

Una decisione presa dal direttore del Polo museale veneto, Daniele Ferrara, in contrasto con i sindacati che hanno proclamato lo stato di agitazione, accorpando il Grimani al Museo archeologico, anche dal punto di vista del personale.

Alla base della decisione, la “coperta stretta” del personale del Polo Museale, che si è ridotto tra l’altro di una ventina di unità con la riforma perché in diversi provenienti dal sud hanno chiesto e ottenuto la mobilità. L’esiguità dei fondi - visto che il Polo dipende solo dal ministero dei Beni culturali - visto che gli introiti delle Gallerie dell’Accademia che “servivano” per tutta l’istituzione ora vanno solo al museo, che ha ottenuto l’autonomia. Ma, soprattutto, la crisi di visitatori, perché - nonostante la bellezza del Palazzo, gli straordinari affreschi, i marmi, la magnificenza architettonica di Palazzo Grimani - non si è riusciti a creare un pubblico per un museo che è un po’ nascosto all’interno di Ruga Giuffa, né a diffonderne la coscienza.

Dopo la riapertura, sette anni fa, molto poco si è fatto per promozionarlo. Il bar interno aperto sotto la soprintendenza di Vittorio Sgarbi è stato chiuso dopo pochi mesi. Il progetto iniziale del Museo di Palazzo Grimani - concepito per affiancare, integrare e ampliare il Museo archeologico di Venezia, che trae la sua origine dalla donazione del cardinale Giovanni Grimani per gran parte della sua collezione, allora custodita nel palazzo di Santa Maria Formosa - in realtà non è mai stato portato avanti. Chi si addentra nel palazzo e rimane affascinato dalla bellezza delle stanze e da quelle delle poche opere che sono state ricollocate al suo interno, non riesce a capire dove si trovi perché manca un adeguato apparato informativo e anche informatico che lo assista nella visita.

L’idea poi di “riempire” gli spazi del Grimani come quelle di una galleria con mostre di arte contemporanea e fotografia totalmente decontestualizzate e di limitato valore non ha funzionato, contribuendo a togliere significato al museo stesso, che potrebbe ancora diventare un museo del collezionismo di una famiglia illuminata. Così come lo è, a pochi metri di distanza, la pinacoteca del conte Querini alla Fondazione Querini Stampalia che ha saputo trovare un suo pubblico. Invece no, senza idee, un progetto e certamente anche risorse, si chiude. Con un enorme spreco di denaro pubblico. Perché il recupero di Palazzo Grimani è costato decine e decine di milioni, tra l’acquisto da parte dello Stato da privati, un restauro esemplare ma durato oltre 25 anni - anche per l’erogazione lenta dei finanziamenti - e il riallestimento.

Anche l’apertura di fine settimana decisa dal direttore del Polo museale non abbatte tra l’altro i costi di gestione e manutenzione del Palazzo, che ammonterebbero a circa 300 mila euro l’anno. Viene da dire che sarebbe quasi preferiribile riaffidare Palazzo Grimani ai privati: non quelli che lo hanno venduto in avanzato stato di degrado, ma istituzioni culturali, purché sappiano gestirlo come si deve, riaprendolo, piuttosto che lasciarlo in mano pubblica, ma destinato, purtroppo, a un nuovo e lento degrado.

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