Palazzo Grassi a Venezia, una storia d'arte che ha le sue radici nella moda
Dagli anni Cinquanta si sono succedute tre gestioni, tutte legate all'industria. Il focus sullla famiglia Marinotti, imprenditori tessili che diedero la svolta culturale
VENEZIA. È andato in scena ieri e l’altro ieri il primo “episodio” del convegno di studi “Palazzo Grassi e la storia delle sue mostre”: un evento dedicato a moda e arte, con particolare riferimento alla famiglia Marinotti, a cui si deve il carattere espositivo del luogo. Due incontri nel corso dei quali sono stati presentati documenti, immagini e ricerche aggiornate sul periodo storico precedente all’acquisizione di Pinault.
Protagonista del racconto, la famiglia Marinotti: industriali veneti del settore tessile, fondatori del Centro Internazionale delle Arti e del Costume, che trasformarono Palazzo Grassi in un centro espositivo di arte contemporanea.
«Il passato di Palazzo Grassi è molto caratteristico», spiega Mauro Baronchelli, direttore operativo di Palazzo Grassi. «Dagli anni ’50, infatti, è passato attraverso tre gestioni di privati legati all’industria, con scopi molto diversi gli uni dagli altri. È diventato teatro di allestimenti e di mostre caratterizzate tutte dalla qualità espositiva». La prima delle quali – quella del Centro Internazionale delle Arti e del Costume, nata grazie alla famiglia Marinotti – è stata al centro del convegno di questi due giorni. «Fu Franco Marinotti a decidere di acquistare il palazzo e adibirlo a palazzo culturale», spiega ancora Baronchelli. «I Marinotti facevano fortuna con i tessuti artificiali. La vera intuizione fu quella di unire uno spazio d’arte e allo sviluppo industriale. Lo scopo del convegno è stato quello di raccontare le coordinate culturali di questa esperienza: raccontare la vicenda biografica e imprenditoriale della famiglia Marinotti». Esperimento riuscito, vista la grande affluenza di pubblico: «Speriamo di poter ripetere l’esperienza. Siamo rimasti molto soddisfatti da questo primo evento, perché la risposta è stata oltre le aspettative. I posti del teatrino – in tutto 200 – erano esauriti ed era pieno di giovani: universitari di Ca’ Foscari e dello Iuav».
Ruolo centrale all’interno del progetto lo ha giocato sicuramente Stefano Collicelli Cagol, curatore del convegno. «L’era di Pinault a Palazzo Grassi è iniziata ormai più di dieci anni fa», spiega. «Ci sembrava fosse arrivato il momento di pensare alla sua “vita” espositiva. L’inizio di questa lunga storia risale al 1951, con un centro innovativo interdisciplinare, ormai caduto nell’oblio. E questo è stato oggetto – tra l’altro – della mia tesi di laurea. Interpreto questo convegno come una bella occasione per ripercorrere la storia di Palazzo Grassi e, attraverso questa, ripensare ai tanti modi diversi per lo studio delle mostre: una disciplina che si sta affermando sempre più sia a livello accademico che professionale. Un modo diverso per allargare gli orizzonti e “leggere” il passato di Palazzo Grassi».
La prima giornata del convegno è stata dedicata all’analisi dei contesti in cui la famiglia Marinotti si muoveva, tra Milano e Venezia. La giornata si è conclusa con una performance di Luca Scarlini.
La seconda giornata del convegno si è concentrata invece sul centro internazionale delle arti e del costume. Durante la fase iniziale, i relatori hanno discusso sulla figura di Piero Marinotti e l’intrecciarsi della sua storia con quella di Palazzo Grassi, dal ’51 al ’58, e in generale con la cultura, la moda e i costumi dell’epoca. Il pomeriggio invece è stato dedicato a un altro uomo chiave per Palazzo Grassi: Paolo Marinotti, figlio di Piero, che seguì le orme del padre, succedendogli nel ’59. Fu lui ad avere la grande, geniale intuizione di iniziare a guardare anche all’arte contemporanea, trasformando quindi Palazzo Grassi nel grande centro espositivo che oggi tutti noi conosciamo».
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