«Palazzo delle Ferrovie: aprire subito un’inchiesta»
VENEZIA Una commissione d’inchiesta che ricostruisca passo passo tutti i passaggi amministrativi che hanno portato la Regione comprare da Grandi Stazioni il palazzo delle Ferrovie per 70 milioni di euro nel 2007, dopo che nel 2001 dirigenti della stessa Regione ne avevano stabilito il valore in 70 miliardi di lire, 35 milioni di euro. Lo chiede Pietrangelo Pettenò, di Sinistra Veneta, che oggi depositerà la richiesta formale. Dal passaggio di proprietà è stato escluso gran parte del piano terra, rimasto a Grandi Stazioni (60% Ferrovie, 40% Benetton, Caltagirone e Pirelli) e destinato a spazi commerciali di prossima apertura. «Occorre fare luce completa sulla vicenda - insiste Pettenò -. come Consiglio regionale abbiamo appena deciso un’indagine sull’Arpav, che ha un’esposizione finanziaria molto minore, che credibilità avremmo altrimenti?».
Pettenò è stato l’unico a fare un salto sulla sedia alla notizia, emersa a distanza di anni, sulla strabiliante differenza tra la valutazione iniziale dell’immobile e il prezzo finale di vendita. Luca Zaia, che pure dal 2005 al 2008 è stato vicepresidente della giunta regionale, non conosce la vicenda e non fa commenti. Si riserva tempo per valutare, anche perché oggi è a Roma, impegnato in un incontro con il governo Monti. A decidere l’acquisto era stato nel 2001 Giancarlo Galan. Il prezzo di 70 miliardi di lire risulta dai dirigenti regionali da lui incaricati delle trattative, Umberto Bocus e Loris Costantini, che ebbero incontri con l’allora amministratore delegato di Grandi Stazioni, Massimo Caputi, uomo di Caltagirone. Quei contatti non portarono all’acquisto ma ad un contratto di affitto per 12 anni, a 3,8 milioni di euro l’anno più Iva, con possibilità di esercitare l’opzione di acquisto dopo 6 anni. Il contratto venne successivamente impugnato dalla Regione, perché Grandi Stazioni si era impegnata a lavori di restauro chiavi in mano, che il dirigente incaricato dei controlli, Gian Luigi Carrucciu, considerò male eseguiti. Che Grandi Stazioni tirasse a risparmiare fino all’osso è confermato dall’architetto scelto per i restauri, Luciano Parenti, di Mestre. Carrucciu cita Grandi Stazioni per danni, si va ad un accomodamento, Parenti produce un vero progetto di riutilizzo dello stabile con uffici ai piani alti, una piastra commerciale al piano terra e una galleria di passaggio per chi esce dalla stazione (sui binari 15-18, i più esterni, è previsto l’arrivo del metrò regionale).
Il ministero dei beni culturali approva ma la soprintendenza veneziana blocca. Il contratto con Parenti scade, l’architetto cessa dall’incarico e ha il piacere di vedere, tempo dopo, il suo progetto realizzato con modifiche che non avrebbe mai accettato (colonne cerchiate in bronzo invece che in marmo). Nel 2005 la giunta Galan predispone l’acquisto mettendosi al riparo con un disegno di legge, affidato all’assessore Stefano Valdegamberi. La perizia di stima viene affidata ad uno studio privato e sottoposta all’Ufficio tecnico erariale. Il 20 marzo 2007 Galan firma l’acquisto con il nuovo a.d. di Grandi Stazioni, Ennio Aliotti, per 64,9 milioni di euro più Iva, in leasing immobiliare. La giunta Galan parla di affare, rapportando la spesa al risparmio consentito con la disdetta degli affitti delle sedi dismesse. Nessuno si rapporta alla valutazione del 2001, data per valore comemrciale e non storico.
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