Palais Lumière, Cardin all'attacco: «Fermato da Roma, ma io spero ancora»

Lo stilista ad Arezzo per lanciare uno spettacolo: «Il sindaco era d’accordo, ci hanno fermato da Roma. Mi auguro che al Ministero cambino idea»

AREZZO. La speranza è la nota costante nella vita di Pierre Cardin e anche per il Palais Lumière. Ma chi è come lo farà resta un mistero, se ieri mattina il miliardario maestro dell’alta moda internazionale ha ordinato di chiudere la società italiana che doveva costruire la mega torre in vetro di Porto Marghera e avviare una serie di non meglio specificate “procedimenti giuridici” verso gli enti che hanno seguito - e bocciato - l’iter che avrebbe dovuto portare alla sua costruzione.

A Stia, paesino in provincia d’Arezzo dove lui ha una fonte d’acqua che imbottiglia per i suoi ristoranti a catena “Maxim’s”, sta producendo, alla veneranda età un’opera musicale, l' “Amleto”, affidata alla regia di un giovane regista veneto, il padovano Daniele Martini. Potrebbe farlo a Lacoste, in Francia, dove possiede un intero borgo con tre teatri con mille posti e uno studio di produzione cinematografica e dove organizza centinaia di spettacoli e mostre.

Invece torna sempre al Veneto. Perché quello del Veneto e dei giovani, a 91 anni, sembra essere diventato qualcosa di più di un desiderio: quasi una missione.

Questo nonostante la porta chiusa?
«Non c’è nessuna chiusura. È un capitolo chiuso? Sì, ma c’è ancora speranza. Io sono positivo, spero che cambino idea. Non a Venezia. A Venezia il sindaco era d’accordo. È a Roma che spero cambino idea. Ma, guardi, io non chiedo l’elemosina. Se vogliono, ben felice, ma ho la mia età, non posso certo aspettarmi altri che un bellissimo palazzo, ma sottoterra». Ride.

Ma l’iter è fermo la porta resta chiusa. Questa speranza di fronte alla realtà burocratica e legale resta un mistero.
«Guardi, non è per soldi, è per rispetto. Penso a questo palazzo come la porta nuova del futuro di Venezia. Anche se io non ho più l’età. Ora mi dicono che bisogna aspettare altri cinque anni».

Si sente tradito?
«Tradito? No. Capita. Io volevo vederlo. Peccato per Venezia. Volevo fare un’opera di disinquinamento: questo palazzo doveva essere un mazzo di fiori per la rinascita della città di Venezia. Un regalo. Ora metterò i soldi in Svizzera (ride). Sto scherzando naturalmente».

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