Padre e figlio uccisi nello Zimbabwe

Uccisi a colpi di fucile Claudio Chiarelli e il figlio Massimiliano. Secondo la versione ufficiale sono stati scambiati per bracconieri dalle guardie in una riserva di caccia. L’ambasciata italiana: «Episodio da chiarire»
Massimiliano e Claudio Chiarelli
Massimiliano e Claudio Chiarelli

PADOVA. Due veneti uccisi in Zimbabwe, padre e figlio. Si tratterebbe di Claudio Chiarelli, 50 anni, e il figlio Massimiliano di 20: erano residenti da anni in Africa, Claudio Chiarelli per professione accompagnava i turisti nei safari. Assieme al figlio Massimililiano, ventenne - spiegano dalla nostra rappresentanza diplomatica nel Paese - erano stati chiamati dai rangers della riserva di Mana Pools, un'area interdetta alla caccia, a partecipare ad una operazione contro i bracconieri.

Con loro, al momento della drammatica sparatoria mortale, c'era un terzo italiano che è rimasto illeso perchè è riuscito a nascondersi sotto una jeep.

La dinamica dei fatti è ancora da chiarire ma sembra che i due italiani siano stati scambiati per i cacciatori di frodo ai quali veniva data la caccia. L'Unità di crisi del ministero degli Esteri italianofa sapere che sono in corso, da parte delle autorità di polizia del Paese africano, delle indagini per stabilire come sono andate realmente le cose.

Secondo una prima ricostruzione dovrebbe trattarsi di una sorta di "scambio di persona". Claudio e Massimiliano sarebbero stati uccisi da un ranger che ha aperto il fuoco sui due padovani mentre erano fuori dalla loro auto. A raccontarlo all'agenzia France Press è stato il capo della Safaro Operators Association Emmanuel Fundira.

Massimiliano e Claudio Chiarelli
Massimiliano e Claudio Chiarelli

Padre e figlio si trovavano in Zimbabwe, paese dell’Africa australe che, dopo l’indipendenza e dopo la fine dell’Apartheid, seppur poverissimo, è diventato una delle destinazioni turistiche più gettonate della regione. Destinazione preferita soprattutto da chi ama il contatto con una natura autentica o, altresì, è appassionato di caccia.

A Padova la notizia è rimbalzata attraverso canali privati, ma in modo molto frammentario, tanto che finora l’unica conferma è quella data nella tarda serata di domenica dalla Farnesina. Che si è limitata a dare la notizia di due persone di nazionalità italiana uccise.

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De Poli (Udc): "Fare piena luce su quanto accaduto". "La mia più sentita vicinanza e solidarietà ai cari e ai familiari delle due vittime italiane, di origine di Padova, scomparse oggi in circostanze tutt'ora da chiarire durante una partita di caccia in Zimbabwe. Mi auguro che il governo e la Farnesina giungano quanto prima a fare luce su una vicenda dai contorni opachi e in merito alla quale il mio impegno resterà vigile ed altissimo". Lo dichiara il vicesegretario nazionale vicario dell'Udc Antonio De Poli.

Il fotografo Bragagnolo: "Claudio aveva un'etica ferrea". Il regista e fotografo trevigiano Carlo Bragagnolo ricorda Claudio Chiarelli come un cacciatore professionista con regole ferree e un'etica rigorosa contro la caccia senza scrupoli. Aspetto che, secondo il documentarista, potrebbe averlo fatto diventare «una persona scomoda». Bragagnolo assieme a Chiarelli ha realizzato quattro documentari dedicati alla caccia dei grandi animali e con lui si era incontrato l'ultima volta alcuni anni fa quando il padovano era tornato in Italia per un breve periodo. «Era un cacciatore professionista ma cacciava solo ed esclusivamente capi destinati all'abbattimento - ha raccontato Bragagnolo - e non faceva sparare se non era sicuro che l'animale venisse abbattuto con un solo colpo. Aveva insomma delle regole ferree e una etica rigorosa, non era uno di quelli che speculava sulla caccia. Ai suoi dipendenti aveva anche dato abitazione, cure mediche, scuola garantita ai figli. L'Africa era casa sua e la rispettava in ogni modo».  Massimiliano è invece descritto come «un ragazzo timido, introverso, tranquillo, che aveva fatto la scuola per diventare cacciatore professionista ma aveva ancora le idee confuse sul sul futuro».

Animalisti italiani: "Non ci sorprende". «La morte dei due cacciatori italiani non mi sorprende». Lo afferma Walter Caporale, presidente degli Animalisti Italiani Onlus. «Nello Zimbabwe da anni, purtroppo, per far fronte alla crisi economica, cacciatori assassini europei ed americani pagano circa 500 euro al giorno per uccidere, legalmente, animali protetti in altre zone ed in via di estinzione. Ci dicono che i due cacciatori sono stati uccisi durante una azione contro i bracconieri. Io frequento l’Africa da molti anni e posso garantire che purtroppo la corruzione è capillare e diffusissima e che tutti - italiani e locali - accettano soldi per la caccia anche di frodo. Le stesse Guardie dei Parchi, pagate in genere dai 100 ai 300 euro massimo al mese, sono le prime ad essere disponibili per i cacciatori italiani ed occidentali, anche per la loro profonda conoscenza degli animali e del territorio. Dunque: nè santi nè eroi nè profeti. I due cacciatori italiani sono morti perché avevano scelto di vivere in Zimbabwe e di dedicare la loro vita alla caccia ad animali selvatici e selvaggi. Del resto, Claudio e Massimiliano sono stati uccisi nelle stesse zone in cui Walter Palmer, il criminale dentista americano ammazzò nei mesi scorsi, oltre ad altre centinaia di elefanti e giraffe, il leone Cecil. In Africa tutti fingono di combattere il bracconaggio, e magari ogni tanto lo fanno anche per coprire le apparenze: dopodiché il 90% delle stesse persone che va a caccia, accetta soldi dai turisti occidentali che vogliono provare l’ebbrezza criminale, immorale, vile ed ignobile di uccidere un leone o un elefante».

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