Orgoglio resistente nel quartiere Piave a Mestre. «La nostra lotta quotidiana»

MESTRE. Da un lato le nuove attività che fioriscono. Dall’altro il commercio "nero", che si misura in bustine di polvere bianca che passa di mano in mano. È la realtà ossimorica di via Piave, l’urlo strozzato delle voci dei negozianti, che non si arrendono a un futuro che sembra già segnato: ombra della realtà di oggi.
È la parabola più triste di Mestre, quella di una strada un tempo fulcro del commercio cittadino, ora zona di spaccio e degrado. Eppure la vita continua a scorrere, tra nuove aperture e storie di resistenza. Come la storia del caffè Diemme, dagli anni ’50 al civico 78 di via Piave. Dal 1984 il locale è gestito da Lucia Niero, di Zelarino.

«All’inizio questa era una caffetteria: qui arrivavano quintali di caffè crudo. C’era la macchina per la torrefazione» racconta. «I clienti entravano e sceglievano il tipo di caffè che preferivano, quindi i chicchi venivano macinati». La clientela, a Lucia, non manca: al mattino sono in tanti gli affezionati che lì fanno colazione, poi c'è l’orario dell’aperitivo, mentre il pomeriggio gli scontrini sono quasi tutti per i dolcetti esposti sul bancone. È l’aria intorno a essere ormai irrespirabile. «Dovrei essere in pensione da 6 anni. Se un commerciante cinese mi proponesse di rilevare il bar, io glielo cederei» dice, senza esitazione.
Tra le storie di resistenza di via Piave si ascrive quella dell’ottica Formenti, nata negli anni ’40 e, dai ’50, al numero 83. Mentre subisce i colpi della crisi Squillante, lo storico negozio che vende articoli militari. Una crisi che ha investito persino le banche: fino a poco tempo fa, in via Piave c’erano Intesa San Paolo e Crédit Agricole, entrambe chiuse. Così come ha chiuso la bottega di abbigliamento al civico 8: al suo posto, presto aprirà un negozio di parrucche, rilevato da una famiglia brasiliana. Giusto di fronte, un altro locale gestito da una donna che ha guardato negli occhi la crisi e, senza paura, ha deciso di ricominciare da capo, proprio nella strada da cui molti se ne vanno.

Aveva un contratto a tempo indeterminato a Torino, Alessandra Sossi: lo ha stracciato 11 anni fa, per trasferirsi a Venezia. In centro storico ha aperto il suo primo negozio di fiori. Da un anno, Acquadirose ha una nuova collocazione: al civico 13/15 di via Piave. «Perché qui? Perché sono innamorata di questa strada». Ma è dura. «Molti clienti acquistano le piante solo per aiutarmi. Mi dicono di tenere duro, ma non è facile».
Una delle aperture più curiose degli ultimi tempi è la Cartiera clandestina, gestita da 47enne Marco Brunello, trasferitosi da Carpenedo in via Piave.

«Lavoro soprattutto con gli artisti. A Mestre sono l’unico negozio che vende carta fatta a mano» dice con un certo orgoglio. Un’altra recente attività è lo store “Facile ristrutturare”, aperto in autunno. E poi, lo dice il nome: una sfida è quella della paninoteca “I folli”, di proprietà pugliese. Mentre una scommessa già vinta è quella di Anda Hostel, in via Ortigara, a due passi da via Piave. Con le tante feste organizzate la sera, l’ostello è il locale del centro più vicino alla definizione di discoteca. «Arriviamo da York e siamo qui per visitare Venezia» spiegano i 20enni Tom Stevens, George Brown, Joseph Wells e Tom Storrie. «Abbiamo prenotato a Mestre perché i prezzi erano molto convenienti. Non è male, abbiamo trascorso qui un’intera giornata».
Le feste dell’Anda sono sempre piene: turisti, studenti Erasmus, ma anche tanti mestrini, che hanno eletto il locale a nuovo punto di riferimento della movida mestrina. —
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