«Orafo da 82 anni. E non mollo»
VENEZIA. Giovanni Ardit, veneziano, è nato il 28 marzo 1928. La sua età non è da record, lo sono invece i suoi 82 anni di lavoro da artigiano orafo. E "Gianni" - così lo chiamano - non ha nessuna intenzione di abdicare. Sorridendo dice: «Mi sono già accordato con il Superiore per accompagnare all'altare la mia pronipotina che ha dieci anni». Le sue raffinate creazioni, libellule e farfalle, non si librano nell'aria ma si ammirano nelle vetrine del negozio in calle del Pistor 4589 a Cannaregio. Ogni giorno "Gianni", elegante, prende il vaporetto a San Stae, scende alla Ca' d'Oro e si reca nel negozio/laboratorio dove seduto nel banco da orafo crea collane, spille, anelli, gemelli. Ambidestro disegna gioielli, incastona pietre preziose, lavora l'oro, usa seghetti, tenaglie, trapani. Il suo incantevole mondo è racchiuso in pochi metri quadri ma alla sera dopo aver appeso il grembiule e abbassato le serrande gli si stringe il cuore vedere la calle buia.
«Sono sparite», lamenta l'artigiano orafo, «le attività del vivere quotidiano. In questa che è una laterale della Strada Nuova hanno chiuso ben cinque negozi. Non riconosco più la mia Venezia. Le oreficerie erano 380, ora sono meno di cento». "Gianni", ironico e pluripremiato, racconta la sua vita. «L'ho vissuta fino alla prima media, poco tra i banchi di scuola ma molto tra i laboratori artigianali». La passione per l'oro e le pietre preziose nasce da bambino. Aveva otto anni. Al suonare della campanella - frequentava la scuola elementare Manzoni - il piccolo "Gianni" saltava il pasto, correva a Rialto e incollava naso e occhi sulle vetrine dei laboratori di oreficeria: lo incantavano le mani abili degli orafi Sorato e D'Este e degli incastonatori Donadini e Derai.
«Quest'ultimo un giorno» racconta "Gianni" «vedendomi sempre tra i piedi mi fece entrare e mi disse una frase che non ho più dimenticato: guarda ma non cercare di imparare, impara». I primi lavori li realizzò con il rame poi con l'oro. Dopo aver creato un anello perfetto i suoi maestri glielo spaccavano a martellate. Mi dicevano: «Rifallo uguale. Li guardavo sbigottiti ma tacevo. Erano molto severi, da adulto ho capito e li ringraziavo». Dopo Rialto si spostò ai Frari e a 14 anni aprì un laboratorio. «A casa nella mia camera» ricorda "Gianni" «Ho lavorato così fino ai 18 anni, dopo ne ho aperto uno mio in questa calle. Pagavo 3000 lire per una piccola vetrina e un buco; tre persone non ci stavano ma ero felice. Mi ero indebitato; mio padre e la banca volevano aiutarmi, rifiutai. Di mese in mese con il lavoro mi pagavo i debiti. In calle passavano i miei amici che andavano al cinema Giorgione, all'uscita ero ancora là; chiudevo a mezzanotte».
Nel 1954 "Gianni" si sposò, nacquero Daniela e Alberto che segue le orme paterne. Nel tempo l'artigiano orafo ricevette la proposta di spostarsi in un negozio più grande. «Era di fronte al mio, ho accettato e sono ancora qui». Tra le ordinazioni recenti fedine per le suore e per le coppie lei/lei.
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