Ora c’è la conferma, sono state le volpi

Spinea. Risolto il caso della strage di animali all’oasi “Sos Natura”. È arrivato il referto dell’Istituto zooprofilattico

SPINEA.

Risolto il “caso” dell’oasi Sos Natura di Spinea: a far strage di animali tra sabato notte e domenica non è stato un umano ma, come ipotizzato negli ultimi giorni, una o più volpi. Il referto ufficiale sulle indagini anatomo-patologiche condotte sulle carcasse degli animali dagli esperti dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie fuga ogni dubbio: i segni sui corpi di porcellini d’india, coniglietti nani e anatre trovate morte al parco appartengono a un predatore. In realtà il referto non parla esplicitamente di volpi, ma di canidi, il cui morso è compatibile con le ferite mortali riscontrate sugli animali recuperati.

Gli esperti hanno infatti certificato che i segni: «sono compatibili con la predazione da parte di un animale». Non sono state trovate invece tracce di lesioni traumatiche attribuibili ad altra causa, come ad esempio percosse.

Per le forze dell’ordine che indagano sull’accaduto il caso è chiuso, anche perché in zona sono stati trovati escrementi, anch’essi analizzati, che appartengono proprio a volpi. La cui presenza, peraltro, era già stata accertata nei giorni precedenti, con razzie perpetrate ai danni di alcuni pollai in zona. Spiegati anche i segni riscontrati dai responsabili dell’oasi subito dopo la mattanza: i fori alla base del collo di alcuni animali non sono stati provocati da un arpione o da un chiodo, bensì dai canini del predatore. Per il Comune: «L’attenzione mediatica in questi giorni è stata fortissima, con prese di posizione emotive: le analisi ufficiali dell’istituto di Legnaro fanno luce sulle cause scientifiche della morte degli animali». Discussione chiusa? Neanche per sogno. Anzi: si scopre che Enrico Piva, gestore del rifugio, ha saputo delle analisi da un letto d’ospedale, ricoverato per un leggero malore dovuto probabilmente alla concitazione di questi giorni. Nulla di grave, ma per lui parlano gli amici che in questi giorni gli sono rimasti a fianco, giorno e notte. Molti sposano la teoria del complotto: «È una posizione di comodo, vogliono coprire la verità. La volpe è solo una copertura perché le indagini si fermino». Ma adesso contro la struttura gestita da Piva si scatenano le stesse associazioni animaliste, prima tra tutte la Lav, Lega Antivivisezione di Venezia, che accusa Piva di aver esposto i suoi animali alla fine: «Nessun atto intimidatorio come ipotizzato dal gestore del rifugio», sottolineano i volontari della Lav, «più semplicemente l’inadeguatezza della struttura ha dimostrato che quel rifugio non doveva esistere.

Chi accoglie animali domestici e selvatici deve farlo con sistemi in grado di tenere lontani eventuali predatori. Il triste epilogo di Spinea è colpa del gestore del rifugio, non dell’animale che ha ucciso: i predatori non fanno nulla di più di ciò che la natura vuole e ancora una volta il comportamento umano ha determinato l’inutile morte di animali indifesi». La Lav chiede ora provvedimenti: «Si verifichino autorizzazioni, destinazione d’uso del terreno e registro degli animali transitati». Per Massimo Zaratin, del sindacato degli allevatori Federfauna: «La vicenda dimostra che il rapporto con gli animali e l’ambiente si è ormai ridotto ai documentari». In Consiglio Regionale è intervenuto anche Sergio Berlato, di Fratelli d’Italia e leader dei cacciatori veneti, il quale ha portato a esempio il caso di Spinea per dire come il popolo dei cacciatori sia sempre preso di mira ingiustamente.

Filippo De Gaspari

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