Operaio muore colpito da una trafilatrice
CASIER. Colpito in faccia da una macchina trafilatrice e morto sul colpo. Ucciso all’inizio del turno di lavoro, ieri mattina, a 54 anni, da un impianto che conosceva come le proprie tasche, forte di un’esperienza trentennale nel settore. Forse una distrazione - ma i familiari assicurano: «Impossibile»; forse un malfunzionamento della macchina - saranno Spisal e carabinieri a dire l’ultima parola. Daniele Zamuner, 54enne di Portegrandi, papà di tre figlie e nonno di due nipotini, è stato trovato già privo di vita, irriconoscibile per la violenza dell’infortunio, ai piedi della trafilatrice dai colleghi della Zanutta Spa di Casier, un impero con filiali in tutto il Nordest nel mondo dell’edilizia e dell’arredocasa.
La dinamica. Sono le 8.10 di mercoledì mattina quando Zamuner sta lavorando alla trafilatrice dietro il portone numero 5 dello stabilimento Zanutta di via Einaudi, zona industriale di via al Bigonzo di Dosson. Il reparto è quello della “lavorazione travetti”, un grande capannone in cui le travi in legno grezze vengono tagliate, profilate e preparate per il successivo utilizzo nell’edilizia. Nel capannone, assieme a Zamuner, ci sono quattro altri operai che stanno lavorando su altrettante macchine. È uno di loro ad accorgersi, quasi in tempo reale, dell’infortunio. Zamuner viene visto esanime, a terra. Suem e carabinieri arrivano alla Zanutta poco dopo. «Stava lavorando sulla trafilatrice, quando una trave in legno si è incastrata», spiega un testimone alle forze dell’ordine intervenute, «si è sporto per liberarla, ma mentre stava armeggiando con il legno la macchina è ripartita e lo ha centrato al volto». Testimonianza che dovrà passare al vaglio delle indagini di Spisal e carabinieri. Di certo Zamuner è stato colpito sul capo dalla macchina, ed è morto sul colpo. Se si sia trattato di una banale distrazione, magari per un eccesso di confidenza, o di un malfunzionamento, toccherà scoprirlo a investigatori e inquirenti. L’azienda non ha commentato l’accaduto né ha fornito una propria versione. Ieri il pm di turno, Massimo De Bortoli, ha fatto disporre il sequestro del macchinario e ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, per ora senza persone nel registro delle notizie di reato. L’attività della Zanutta ieri non è ripresa.
I dubbi della famiglia. Uno strazio, per la moglie di Zamuner, Emanuela, e per le figlie Andrea, Elena e Alessia. Abbracciate, consolate da colleghi e titolari, sono arrivate subito dopo l’incidente e hanno atteso pazienti i rilievi. Tra le lacrime, la moglie Emanuela si è fatta forza e ha provato a mettere insieme qualche pensiero: «Non ce l’hanno neanche fatto vedere, e non sappiamo cosa sia successo. Ma di una cosa sono certa: faceva da una vita questo mestiere, non può essere stata una distrazione. Era esperto». Poco prima delle 11, quasi tre ore dopo l’incidente, il portone numero 5 della Zanutta è stato chiuso per permettere agli uomini dello Spisal di lavorare lontano da curiosi e occhi indiscreti. La salma è stata rimossa soltanto a mezzogiorno. Negli uffici dell’impresa sono stati sentiti a lungo gli operai che erano con Zamuner durante il turno del mattino.
Il ricordo. Gli occhi gonfi di lacrime delle figlie lasciano spazio a un sorriso, dolce, ripensando al papà prima di tutto questo, prima dell’ultimo giorno al lavoro: «Si godeva i suoi nipotini, era felice. Ha sempre lavorato, era una persona positiva con una sola, grande passione: la pesca. Si godeva le uscite con gli amici in zona San Donà, o a Portegrandi». In azienda era un’istituzione. Era lui a preoccuparsi della sicurezza dei colleghi. Su questo si era confrontato con i sindacati e l’azienda martedì: una tragica beffa.
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