Opera da otto milioni ferma per 500 metri

BOJON. Un’opera costata otto milioni di euro ancora ferma. Uno spreco di risorse immane, una cattedrale nel deserto per ora inutilizzabile. Per renderla fruibile mancano da completare solo 500 metri,...

BOJON. Un’opera costata otto milioni di euro ancora ferma. Uno spreco di risorse immane, una cattedrale nel deserto per ora inutilizzabile. Per renderla fruibile mancano da completare solo 500 metri, ma a causa di complicazioni burocratiche e giudiziarie nessuna auto o mezzo pesante potrà passarci per i prossimi due anni.

È questa la Circonvallazione di Bojon, una questione che da tempo fa infuriare il sindaco di Campolongo, Alessandro Campalto e i suoi cittadini e che è stato il tema l’altra sera di un assemblea organizzata dal Comune al centro civico della frazione di Campolongo.

La circonvallazione di Bojon è una strada lunga circa quattro chilometri, cominciata nel 2005, quando Regione, Provincia e Comune avevano firmato per la costruzione del sottopasso ferroviario. L’intervento costava sette milioni 230 mila euro (ora salito a otto milioni). Sono passati 13 anni, ma l’opera sembra infinita. La strada è completata, fatta a eccezione della pista ciclabile. Il cantiere è chiuso da tre anni per 500 metri mancanti. A rispondere dell’opera e del suo iter c’era fino a circa un anno fa l’ex assessore Renato Chisso, poi finito in carcere per le note vicende legate al Mose, ma il Comune in questi mesi non si è lasciato scoraggiare e aveva avuto la rassicurazione dalla Regione che sarebbe stato aperta un nuovo bando di gara per assegnare i lavori mancanti cioè i fatidici 500 metri. «Ci era stato promesso che i lavori sarebbero ripartiti con un nuovo bando», ha detto il sindaco, ma purtroppo tutto è ancora fermo. A complicare tutto, dopo che la Regione aveva promesso nuovi stanziamenti è arrivato il provvedimento della magistratura che ha stabilito il pignoramento dei fondi». Giorni fa Campalto ha preso anche la decisione di inviare una lettera aperta ai suoi concittadini. (a.ab.)

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia