Omicidio colposo in corsia infermiera e due medici nei guai

Mirano. Il giudice dovrà decidere oggi sulla richiesta di rinvio a giudizio per i tre sanitari Secondo l’accusa non intervenirono con tempestività su un paziente che soffriva di cuore

MIRANO. Il giudice veneziano Roberta Marchiori, dopo aver ascoltato ieri i difensori (gli avvocati Federica Coghetto, Stefano Mirate e Giuseppe Sarti), il rappresentante delle parti civili, l’avvocato Elio Zaffalon, e il pm Paola Mossa, deciderà oggi se mandare sotto processo i due medici e l’infermiera o archiviarie le accuse nei loro confronti. L’accusa di omicidio colposo riguarda l’attuale primario di Cardiologia dell’Ospedale di Mirano Salvatore Saccà, la cardiologa Nicoletta Frigato e l’infermiera Alessandro Pavan.

Era stato il giudice Giuliana Galasso a imporre alla Procura di formulare il capo d’imputazione e la conseguente richiesta di rinvio a giudizio per i due medici e per l’infermiera: il magistrato aveva respinto la richiesta di archiviazione. A presentare un esposto, chiedendo chiarezza sulla morte del proprio caro, Roberto Manfredi, erano stati la vedova e i due figli che si sono affidati all'avvocato Elio Zaffalon. I fatti risalgono alla vigilia di Natale di sei anni fa. Manfredi era ricoverato nel reparto di Cardiologia di Mirano. Stando alle accuse, l'infermiera Pavan non avrebbe tempestivamente attivato l'intervento della cardiologa di turno la notte tra il 17 e il giorno seguente. La dottoressa Frigato, di turno quella notte, in concorso con il collega Saccà, non avrebbe adeguatamente valutato anche a livello clinico-strumentale le condizioni del paziente Manfredi e avrebbe omesso quindi le opportune terapie nonché le sollecitazioni agli specialisti, che il mattino dopo avrebbero potuto intervenire immediatamente e non dopo alcune ore, come in realtà sarebbe accaduto. Lo stesso giudice Galasso scriveva che «è presumibile che se la cardiologa fosse intervenuta nella notte avrebbe potuto constatare il versamento pericardico, monitorandone l'andamento e predisponendo un tempestivo intervento». La dottoressa avrebbe inoltre sbagliato la valutazione sulla necessità di un intervento sulla base del fatto che il «versamento non fosse tamponante». Una decisione «quanto meno imprudente che abbia condotto ad una morte che non si sarebbe verificata in quel modo e in quel tempo». Il consulente del pubblico ministero, il medico legale padovano Silvia Tambuscio, tra l'altro, nella sua relazione aveva anche sostenuto di aver registrato «gravi carenze nell'organizzazione dell'assistenza sanitaria al paziente operato e degente in cardiochirurgia presso l'ospedale di Mirano», precisando che si trattava di «insufficiente assistenza medica presso il reparto di degenza» e che come «durante la notte e nei giorni festivi l'unità operativa di cardiochirurgia non sia stata in grado di garantire almeno un medico cardiochirurgo di guardia». Considerazioni, quelle del consulente del pubblico ministero, che hanno portato a far finire sotto inchiesta anche Saccà.

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