Omicidio Bari, confermato l’ergastolo a Giorgio Gaggio
Confermato l’ergastolo per il 67enne mestrino Giorgio Gaggio, accusato di aver ucciso per rapina l’amico Valerio Bari il 30 giugno di tre anni fa. Ieri, la Corte d’assise d’appello di Venezia presieduta da Daniela Perdibon ha confermato in tutto la sentenza di primo grado ad eccezione dei due mesi d’isolamento.
La moglie e il figlio del pensionato ucciso, che si sono costituiti parte civile con l’avvocato padovano Roberto Moracchiello, hanno ottenuto una provvisionale di centomila euro, mentre il risarcimento del danno dovrà essere stabilito nella sua quantità da una causa davanti al Tribunale civile (l’avvocato dei parenti della vittima ha chiesto due milioni di euro).
Il sostituto procuratore generale Giancarlo Buonocore, per conto dell’accusa, aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado, mentre l’avvocato Belsito, il difensore, si era battuto per l’assoluzione.
Come era accaduto durante il processo di primo grado, l’anziano imputato ha ribadito di essere innocente, ha contestato la conduzione delle indagini e ancora una volta ha accusato l’altro amico, Paolo Pozzobon, di avere ucciso Bari. Il presidente Perdibon, dopo aver ascoltato per alcuni minuti Gaggio, lo ha interrotto spiegandogli che tutti avevano capito e che non era necessario che proseguisse, quindi i due giudici togati e quelli popolari si sono ritirati in camera di consiglio nell’aula bunker di Mestre.
La Corte d’assise d’appello, così come avevano fatti i giudici di primo grado, ha sostanzialmente accolto le richieste e le tesi dell’accusa, che in primo grado era sostenuta dal pubblico ministero Stefano Buccini, che aveva coordinato le indagini. Il pm, oltre ad elencare le prove raccolte dagli investigatori della Squadra mobile nei confronti dell'imputato (dal Dna sul mozzicone di sigaretta, trovato vicino al cadavere, a numerose telefonate) si era anche soffermato a descrivere l'atteggiamento processuale di Gaggio, che non solo ha negato qualsiasi responsabilità, ma ha cercato di gettarla sulle spalle dell’amico Pozzobon.
Quando ha ricordato alcune risposte che ha dato l'imputato, il pm si è chiesto: «Ci vuole prendere in giro?». E ancora: «Bari era una persona buona e pacifica ed è stato ucciso praticamente sotto casa, a poche centinaia di metri dalla sua abitazione dove passeggiava tranquillo, e non da un extracomunitario ma da un amico del bar. Tutto questo può accadere ad ognuno di noi».
L'ha detto per dimostrare la gravità e l'enormità dell'azione compiuta da Gaggio, che ha ucciso (Bari fu trovato in un campo in via Ca' Solaro con la bocca piena di fazzoletti, un sacco in testa e le mani legate) per rubare pochi oggetti d'oro e «non c'è stato pentimento, ammissione di responsabilità, non c'è stato un passo indietro per aver ucciso».
Gaggio era stato anche messo a confronto in aula con Pozzobon come aveva chiesto la difesa e, oggi come allora, aveva continuato ad accusare l'amico, ponendogli domande provocatorie. «Quello si può inventare quello che vuole, ma vuole soltanto salvarsi, per farlo però vuole rovinare me», aveva risposto Pozzobon. «Io sono assolutamente estraneo all'omicidio», aveva proseguito, «ho solo fatto un favore ad un pseudo amico, un favore che mi ha rovinato la vita».
Il riferimento è al fatto che deve rispondere di ricettazione per aver venduto collana, bracciale, anello e orologio di Bari, senza sapere di chi erano, oro che gli aveva consegnato Gaggio. Ma è stato in carcere per sei mesi, inizialmente sospettato anche lui di aver partecipato all'omicidio e poi completamente prosciolto.
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