Omicidio a Rio de Janeiro, Rino Polato: «E’ stata un’imprevedibile fatalità»

VENEZIA. Rino Polato, il rappresentante di Fossalta di Piave di 59 anni, sopravvissuto al drammatico agguato in una favela di Rio de Janeiro dove è stato assassinato il cugino Roberto Bardella, di Jesolo, è rientrato con il Volo Tap 866 atterrato a Venezia alle 12.29. Ha abbracciato la moglie Serenella, la sorella Emanuela e il fratello Renzo.
Con loro ha raggiunto subito Jesolo dove ha incontrato i familiari dell’amico ucciso. Nella casa di Cortellazzo c’erano il padre di Roberto, Enrico Bardella, la moglie e l’altra figlia Monica.
«Era stanco ma lucido», racconta l’amico Marco Giusti al quale Polato ha poi affidato gli appunti sul dramma vissuto in Brasile, «ha abbracciato tutti. Sono stati momenti molto intensi, di grande commozione ma anche di tristezza. Per questo», precisa l’amico, «Rino poi ha preferito riposarsi dal lungo viaggio. È sì lucido ma ancora scosso e ha difficoltà a parlare».
«Per due ore ho avuto paura di morire», racconta Rino Polato in una nota raccolta dall’amico Marco Giusti e concordata con la famiglia Bardella. «Io e Roberto eravamo appena rientrati dalla visita al Cristo Redentore di Rio e stavamo uscendo dalla città in direzione nord, verso la costa, quando, seguendo le indicazioni del navigatore (strada più breve per raggiungere il limite della città), siamo entrati nel quartiere che poi si è dimostrato un luogo pericolosissimo.
"Sono bastati pochi secondi in cui Roberto, davanti a me, in moto, si è introdotto nelle strade del quartiere che una banda, probabilmente di delinquenti comuni, ci ha attaccato, forse scambiandoci per poliziotti: hanno colpito con armi da fuoco il povero Roberto. Appena l’ho visto cadere al suolo sono stato subito accerchiato e preso in ostaggio. Da quel momento la storia è terribile, fino a quando mi hanno miracolosamente rilasciato, dopo circa due ore mezzo in cui ho pensato di morire».
Il racconto del rappresentante 59enne è drammatico ma molto lucido: «Quella di giovedì 8 dicembre è stata una terribile ed imprevedibile (due parole scritte entrambe in maiuscolo) fatalità che, nel giro di pochi secondi, ha portato dalla tranquillità al dramma e ha spento i nostri sogni da viaggiatori consapevoli e coscienti dei rischi a cui andavano incontro e che valutavamo sempre in modo professionale ed attento».
E Polato preme sul fatto di aver sempre studiato i viaggi compiuti da anni con il cugino: «Il nostro spirito di viaggiatori in moto ci ha fatto visitare, nel corso degli ultimi anni, molti paesi e scoprire meravigliosi paesaggi in giro per il mondo.Io e Roberto abbiamo sempre pianificato e studiato accuratamente i nostri percorsi e i nostri viaggi. Mai un incidente, mai un inghippo grave, mai una violenza a nostro carico da parte delle bellissime popolazioni che abbiamo incontrato lungo le strade percorse».
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