Oltre mille per dire addio a Roberto

Jesolo. Un corteo di motociclisti con il cugino Rino Polato ha accompagnato la salma di Bardella fino alla chiesa
Di Giovanni Cagnassi

JESOLO. Davanti al feretro di Roberto Bardella, la città di Jesolo si è raccolta ieri con una sola domanda in testa: “Perché?”. Perché morire per un colpo di pistola durante un viaggio di piacere in Brasile con il cugino. Un’avventura tanto attesa, programmata fino all’ultimo dettaglio, terminata con un esito tragico e inaccettabile.

Ieri i funerali del 52enne jesolano la cui scomparsa ha destato impressione in tutta la comunità del litorale, ieri in preghiera alla parrocchia del Sacro Cuore di Gesù in piazza Trento.

A precedere la salma, un corteo di motociclisti e amici di Roberto e del cugino Rino Polato, il 59enne di Fossalta di Piave risparmiato dalla banda di criminali che li aveva assaliti in una favela di Rio.

Mai Rino potrà dimenticare quanto vissuto. La moglie Claudia e il figlio Mattia, assieme ai genitori di Roberto, la sorella, e Rino, sempre accanto a loro, sono arrivati in chiesa quando già le navate erano gremite a mezzogiorno e anche all’esterno era pieno di gente in silenzio. Hanno partecipato oltre mille persone alle esequie.

In fila, gli amici e compagni di squadra del figlio di 19 anni Mattia, promessa del rugby San Donà, tutti in chiesa.

Il sindaco di Jesolo, Valerio Zoggia, in fascia tricolore assieme a tutta la giunta, poi il primo cittadino di Fossalta di Piave, Massimo Sensini. La polizia locale di Jesolo, con il comandante Claudio Vanin e gli agenti, hanno scortato il feretro e portato il gonfalone della città.

Al parroco, don Alfredo Costa, il compito di aiutare la famiglia e la comunità a elaborare un lutto che ha segnato Jesolo.

Con lui anche l’ex parroco e amico, don Italo Sinigaglia. Le sacre scritture hanno aiutato molto don Alfredo nella profonda riflessione sulla domanda ridondante: il “perché” di una simile tragedia.

«Roberto e Rino avevano visto il grande Cristo Redentore», ha ricordato, «che in Brasile è un’opera meravigliosa. Il Cristo che è morto per noi in croce ed è risorto per salvarci. Ma che soprattutto accoglierà Roberto, ucciso barbaramente da altri fratelli». E ha ricordato la parabola di Caino e Abele.

In chiesa, le lacrime sincere di amici e parenti. Poi la lettera degli amici è stata letta davanti alle navate. Per loro Roberto, con il suo insegnamento, continuerà a vivere grazie alla via tracciata assieme alla moglie e al figlio Mattia che potrà crescere ricordando sempre le parole di suo padre.

Una commozione intensa, gli occhi lucidi, i pensieri come sospesi nell’intimo dolore: è stato questo ieri il segno più evidente del lutto che ha colpito l’intera comunità jesolana. E che si sentiva in chiesa.

L’ultimo viaggio di Roberto, che aveva visto il mondo in tanti anni sempre in sella alla sua moto, è stato nella sua Jesolo, dove riposerà sicuro che quel suo sorriso magnetico e sincero non morirà mai e sarà sempre negli occhi dei suoi cari e dei veri amici.

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