«Off shore, tunnel sottomarino»
MARGHERA. Un tunnel ferroviario sottomarino dal costo di poco più di 1 miliardo di euro e fattibile in tre anni, in grado di collegare il progettato porto off shore (ancora in attesa del via libera del Cipe) con il raccordo ferroviario di Porto Marghera.
Un’opera alternativa al costosissimo e impattante trasporto via chiatta – prospettato dall’Autorità Portuale veneziana autrice del progetto off shore – dalla piattaforma in mare alla terraferma che porebbe riceve sia le navi commerciali di qualsiasi stazza e pure le grandi navi da crociera, senza bisogno di scavare nuovi navali per raggiunge la Stazione Marittima e il trasporto dei passeggeri fino al centro storico via tunnel. Oltre tutto, si potrebbe interrare il canale dei Petroli - che a quel punto sarà inutile - e si potrà rigenerare Porto Marghera con in nuovo terminal ferroviario sottomarino e, infine, sarà più facile trovare finanziatori internazionali per realizzare l’opera. Più che un progetto, potrebbe sembrare l’ennesima provocazione in tema di grandi opere da realizzare a Venezia, in questo caso del porto off shore - otto chilometri dal lido, in grado di accogliere gigantesche navi portacontainer che oggi non possono entrare in laguna a causa dei fondali troppo bassi - collegato via chiatte ad un terminal on shore nell’area ex Montedison.
Ma non si tratta di una provocazione, visto che a prospettare il tunnel sottomarino è il noto architetto Fernando De Simone, nativo del Salento ma padovano di adozione, laureato in Architettura a Venezia e poi specializzatosi a Oslo. De Simone lavora per la Norconsult, il principale gruppo ingegneristico norvegese e uno dei primi al mondo che si avvale di una schiera di 1.300 collaboratori tra ingegneri, geologi e architetti e che detiene il record mondiale per il tunnel più profondo (l'Hitra di 264 metri sotto il mare del Nord) e del tunnel più lungo, a Seikan in Giappone, che misura 53,8 chilometr. De Simone ha anche realizzato per la “Tec-tunnel” il tunnel sottomarino Malmoe-Copenhagen.
«Mentre a Venezia si continua a discutere sullo scavo di nuovi pericolosissimi canali», dice l’ingenere De Simone, che sostiene a spada tratta l’idea del porto off shore per merci e passeggeri, «nel frattempo a Suffolk, in Gran Bretagna, già attracca già una nave cinese lunga 400 metri, in grado di trasportare 19.000 Teu a fronte dei 7 mila Teu possibili in laguna». A Venezia, infatti, oltre ai bassi fondali dei canali, c’è, spiega ancora De Simone, «un’incidenza del costo del lavoro per container di 85 euro, ad Anversa di 58 e ad Algeciras di 38. Viene quindi da chiedersi: come potrà il Porto di Venezia essere più competitivo se aggiungerà la rottura di carico dal porto off shore a largo di Venezia, fino alla terraferma, con un via vai costoso di chiatte per il trasbordo dei container al terminal di terraferma?».
«Il nostro progetto», sottolinea l’architetto De Simone, che a suo tempo presentò anche un progetto alternativo al Mose del Consorzio Venezia Nuova, «punta al trasporto dei passeggeri e delle merci dal terminal offshore a Marghera con un tunnel ferroviario sottomarino e prevede l’utilizzo dei fanghi estratti durante lo scavo per il totale interramento del Canale dei Petroli e il riequilibrio idaulico di tutta la laguna veneziana».
Il costo complessivo del tunnel sarebbe «di circa 1,2 miliardi di euro, inferiore a quello che occorrerebbe se si decidesse di trasportare i 3 milioni di container/anno a Marghera, utilizzando le nuove chiatte (autoportanti da 216 Teu e le navi semiaffondanti ancora in fase di progettazione)». Il tunnel permetterebbe lo sbarco delle merci anche quando il mare è molto agitato, risparmiando sconvenienti attese agli armatori, eliminando la congestione del traffico navale in laguna, degli automezzi pesanti a Marghera e ridurebbe l'inquinamento atmosferico, acustico e acqueo».
De Simone ha presentato personalmente questo progetto al governatore del Veneto, Luca Zaia, tre anni fa, ma da allora non ha ricevuto risposta.
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