Off-shore, pronti investitori cinesi
Investitori cinesi pronti a mettere 800 milioni di euro per l’off-shore. Il presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa lo ripete da tempo. E ieri ha voluto dimostrare che fa sul serio. In mattinata è stato ricevuto dal sindaco Luigi Brugnaro. Al suo fianco, i rappresentanti del gruppo industriale cinese. Aziende che già lavorano in ambito portuale, e adesso vorrebbero investire nella nuova grande opera che il Porto propone da anni. Poco si è saputo dell’incontro. Ma il suo significato è politico, in un periodo in cui l’off shore è sotto tiro – nel mirino della portualità triestina e della governatrice del Friuli e vicesegretaria del Pd renziano Deborah Serracchiani – visto con scarso entusiasmo, a differenza di qualche anno fa, dalla Regione di Luca Zaia. E sostenuto con poco entusiasmo anche dal governo e dal ministro Delrio.
Ma Costa ci crede. «Il Cipe ci ha dato 100 milioni, quattro anni fa, per cominciare gli interventi», dice. La parte pubblica riguarda lo spostamento dei petroli al largo delle coste, con una previsione di spesa di circa 800 milioni. Il resto dovrà essere parte privata. Gli operatori internazionali del traffico container potrebbero investire sul nuovo terminal in mare. Guadagnare tempo nei trasporti delle navi, sempre più grandi, che non riusciranno più a entrare in laguna per via del pescaggio. Tante le critiche, sui costi (2 miliardi e 200 milioni), sulla rottura di carico, sugli effetti ambientali del nuovo terminale al largo. «Ma è l’unica soluzione» insiste Costa «per competere con i traffici mondiali, altrimenti non verranno più nemmeno in Adriatico, non solo a Venezia».
Ieri l’incontro con il sindaco. Con cui già condivide l’ipotesi alternativa delle Tresse per le navi passeggeri. Un’asse che si rafforza.(a.v.)
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia