Off shore, pronte le navi «Entro maggio si parte»
Due anni per completare l’off shore. Con nuovi scenari che si aprono anche sul futuro della croceristica. Entro l’11 maggio, data fissata dal decreto «Sblocca Italia», l’Autorità portuale presenterà al Cipe il suo progetto definitivo. Con tanto di finanziamenti e i nomi delle imprese interessate. Grande opera da 2 miliardi e 136 milioni di euro, di cui i due terzi a carico di privati, il resto dello Stato. Il presidente del Porto Paolo Costa sprizza ottimismo. E si dice sicuro che il progetto andrà avanti. Mostra l’ultimo numero di Maritime Report, rivista specializzata che dedica ampio spazio ai porti off shore. «Grande occasione di sviluppo per la East Coast in America e in Africa», dice, «noi ci siamo arrivati due anni prima». Le navi transoceaniche diventano sempre più grandi, questo è il ragionamento, e non possono più avere accesso ai porti, in particolare a quelli come Venezia con bassi fondali. Bisogna allora attrezzare piattaforme in mare, protette da dighe, e da lì trasportare i container nell’«on shore», cioè le strutture a terra. Perché i traffici si volgono sempre più Oltreoceano.
Se nel 2002 erano circa la metà del totale (il resto tra Paesi europei), oggi la percentuale si è modificata: 55 fuori, 45 in Europa, e la tendenza per i prossimi anni è del 70 a 30. Dunque, occorre andare in mare. Fantascienza? «Proprio no», dice sicuro Costa. E annuncia che il Porto ha già commissionato uno studio per realizzare la cosiddetta «Mama Vessel», cioè la nave con le quattro chiatte che dovranno trasportare in continuazione i container dalla piattaforma a Marghera. 48 milioni di euro la spesa prevista. L’operazione, garantisce Costa, sarà appetibile per le grandi aziende del trasporto marittimo. Disposte a investire subito 600 milioni di euro, e poi altri 700, per ampliare i loro mercati in Europa.
Il progetto dell’«Off shore-On shore Port System» prevede la realizzazione in mare, otto miglia al largo di Chioggia, di una grande piattaforma che dovrà accogliere le petroliere – quarant’anni dopo la legge Speciale che ne aveva decretato l’espulsione dalla laguna – e i grandi cargo internazionali. Struttura protetta con dighe a mare, realizzata con strutture modulari in cemento. Le tre fasi del progetto costeranno insieme più di due miliardi. 948 per le strutture e i moli, 625 per il terminale petrolifero, altri 563 per i servizi e le infrastrutture portuali.
Il Porto presenterà il suo progetto con il piano di finanziamento. Ed entro maggio il Cipe dovrebbe sbloccare il finanziamento, già assegnato per la prima parte di 135 milioni di euro. I grandi lavori, garantisce Costa, andranno a gara. Il primo progetto era firmato da Consorzio Venezia Nuova e Mantovani, ma quello attuale dice il presidente, è stato modificato. A quel punto cambierà completamente anche lo scenario per le grandi navi passeggeri. Togliendo traffico dal Canale dei Petroli (Malamocco-Marghera) verrà a cadere la principale obiezione del Porto sulla possibilità di spostare il terminal a Marghera. E tutto tornerà in discussione. Nel frattempo gli uffici dell’Autorità portuale sono impegnati a rispondere alla massa di osservazioni arrivate da Roma al progetto Contorta. «Entro il 15 marzo», dice Costa, «dovremo dare una risposta alla compagnie delle crociere. Se n’è già andata al Carnival, non possiamo rinunciare a questa economia di eccellenza».
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