«Nuovi alberghi, rischio accerchiamento»
Burgarella: «Le piccole strutture stanno vivendo quello che il commercio di vicinato ha vissuto con i centri commerciali»
Foto Agenzia Candussi/ Chiarin/ via Ca' Marcello/ Area dove sorgeranno gli alberghi del gruppo MTK
«Ci troviamo nella stessa situazione dei commercianti dei negozi di vicinato che si sono ritrovati accerchiati dai grandi centri commerciali alla periferia di Mestre». Il paragone lo fa Alessandro Burgarella, direttore dell’hotel Russott di San Giuliano e delegato per la terraferma dell’Ava, l’associazione veneziana degli albergatori che sulle nuove concessioni per l’apertura di alberghi in terraferma ha preso una posizione, da tempo, non di difesa assoluta della categoria. Anzi.
«Noi sulle nuove concessioni ad alberghi siamo critici da tempo perché ci preoccupiamo di garantire il rispetto del tessuto sociale della città senza limitarci alla difesa della categoria e la qualità di un turismo medio alto che ha a cuore la cultura di Venezia. I nuovi alberghi a Mestre non riteniamo arricchiscano il territorio. Anzi rischiano di mettere in crisi tanti alberghi, più piccoli, che hanno aperto prima della crisi, hanno mutui da pagare e non possono permettersi di vendere una camera a 18 euro, perché non rientrano neanche dei costi di gestione», spiega. Quest’anno, complici tanti eventi e la Biennale, fino a novembre la città sarà piena di turisti. Per il settore l’annata è buona.
Bassa stagione.
La bassa stagione, spiega il delegato Ava, dirà quale sarà l’impatto, prevedibile, dello sbarco a Mestre dell’ostello tedesco della AO: 330 camere per mille posti letto con 50 mila presenze in due mesi di apertura e la certezza che nella primavera 2019 si va al raddoppio con la costruzione dell’ampliamento per altre 300 camere e quasi mille posti. Di fronte c’è il cantiere di altri quattro alberghi, tutti di catene straniere, per complessivi 1.900 posti letto che saranno pronti per aprile 2019.
La concorrenza si fa serrata nel settore alberghiero, settore che viaggia con aumenti del 10 per cento in tutte le città d’arte. La bassa stagione, precisa Burgarella, dirà «quanti alberghi decideranno di chiudere nella stagione invernale per contenere i costi e quanti arriveranno ad offrire le camere a prezzi stracciati. Lo scorso anno si è arrivati a camere offerte a 35 euro a notte. Se si scenderà sotto quella cifra si rischia di non stare dentro i costi di gestione», mette in guardia. Burgarella prova anche a fare due conti rispetto al futuro prossimo, a quella previsione (tutta da confermare) di 7 mila nuovi posti letto a Mestre.
Occupazione stanze.
«Settemila posti letto significano 2 milioni e mezzo di presenze l’anno. Oggi in terraferma si stimano circa 2 milioni e 900 mila presenze. Quindi, se si va al sostanziale raddoppio delle presenze, l’attuale occupazione media annua delle stanze, che si aggira dal 60 al 65 per cento, potrà solo che ridursi drasticamente». Insomma, più alberghi in città significano più turisti che vogliono visitare Venezia e meno stanze occupate. Per tutti. Il gruppo tedesco di AO, l’ostello di via Ca’ Marcello viaggia attualmente con un ritmo di occupazione media del 72 per cento, forte della concorrenza dei prezzi bassi e di proposte diversificate con stanze singole, doppie e camerate da sei per uomini e donne che fanno assomigliare questa struttura più ad un albergo che a un ostello come noi lo conosciamo.
Burgarella e i vertici dell’Ava, chiedono quindi delle norme che limitino l’espansione degli alberghi anche in terraferma. «Ammetto, sono confuso e come me tanti operatori. Da una parte si parla di una limitazione al turismo in ingresso nella città storica e dall’altra si autorizzano nuovi alberghi in terraferma che porteranno più turisti ad affollare Venezia. Si gestiscono così i flussi? Non credo», ribadisce il delegato Ava.
Introiti all’estero.
«C’è poi un’altra questione che non è di secondo piano: queste grandi catene estere lasciano al territorio solo dei salariati, ovvero posti di lavoro mentre gli introiti vanno tutti all’estero. All’ostello lavorano una ventina di persone mentre al Russott sono 70, dipendenti diretti più stagionali. I nostri associati danno lavoro e gli utili li spendono sul territorio. Le nuove aperture ben vengano se bilanciano a domanda o sostituiscono strutture vecchie».
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