Nuova Esa, Flavio Duse condannato a nove mesi
MARCON. Nove mesi di arresto e diecimila euro di ammenda. Questa la condanna del giudice monocratico di Venezia Irene Casol per il 61enne di Battaglia Terme Flavio Duse, uno di coloro che era ai vertici di «Europambiente», subentrati nel 2005 nella gestione dell’area della «Nuova Esa» a Marcon. Ma, soprattutto, il magistrato ha condannato l’imputato a pagare una provvisionale di 400 mila euro alla Regione, diecimila alla Città Metropolitana, trentamila al Comune di Marcon e altri diecimila in favore del Comune di Mogliano. Il risarcimento completo agli enti che si sono costituiti parte civile, invece, andrà valutato con una causa civile.
«È stata una vicenda vergognosa, perché a più di 10 anni dal sequestro del 2004, qualcosa come quasi 5 mila tonnellate di rifiuti, anche pericolosi, sono tuttora stoccati sull'area, a fronte di parziali smaltimenti effettuati, con un finanziamento regionale per la messa in sicurezza». Queste le parole dell’avvocato Elio Zaffalon - legale dei Comuni di Marcon e Mogliano - al termine della scorsa udienza, al termine della quale il pubblico ministero Francesca Crupi aveva chiesto la condanna di Duse. Europambiente si era impegnata allora a smaltire le migliaia di tonnellate di rifiuti ammonticchiati nell'area, che si estende a scavalco dei due Comuni. L'inchiesta è nata nel 2009 da un sopralluogo dei tecnici di Arpav (l'agenzia per l'ambiente del Veneto) a seguito della grande inchiesta che aveva investito la Nuova Esa per lo stoccaggio non autorizzato di rifiuti pericolosi. Stando alle accuse la società, subentrata alla «Nuova Esa sas» di Valerio Sartori, avrebbe detenuto in modo incontrollato, mettendo a rischio l'intero ambiente circostante, una notevole quantità di rifiuti, anche pericolosi». In quell'occasione, Arpav certificò che solo un migliaio di tonnellate erano state trattate e che sull’area si trovavano ancora rifiuti di ogni tipo, pneumatici, bidoni, plastiche. Nel marzo del 2012, i Comuni di Mogliano e Marcon avevano reiterato le ordinanze per la rimozione del deposito: ma poco o nulla è accaduto e, come ricorda il capo d'imputazione, sono ancora nell'area, «cumuli di terre provenienti da attività di bonifica, con il conseguente pericolo ambientale d'inquinamento in caso di piogge; cumuli di rifiuti composti da plastiche e imballaggi; bombolette di schiuma poliuretanica rotte con il relativo prodotto fuoriuscito; grandi contenitori con rifiuti di demolizioni contenenti amianto; rifiuti di varia tipologia: bidoni in plastica, componenti elettronici, pneumatici usati, traversine ferroviarie in legno impregnate di olio di catrame, rifiuti liquidi privi di qualsiasi etichetta accanto a ceneri; onduline in cemento e soprattutto amianto».
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