Notte horror, quartiere bloccato 20 ore

Si era barricato in casa sabato pomeriggio con una motosega e un coltello. Solo ieri alle 11 si è “arreso” ai carabinieri
Di Giovanni Cagnassi
COLUCCI - DINO TOMMASELLA - SAN DONA' - IL SERAFINI CON IL COLTELLO NELLA GIORNATA DI SABATO E LA STRADA CON L'ABITAZIONE
COLUCCI - DINO TOMMASELLA - SAN DONA' - IL SERAFINI CON IL COLTELLO NELLA GIORNATA DI SABATO E LA STRADA CON L'ABITAZIONE

L'incubo è finito ieri mattina alle 11, quando un uomo di 37 anni, disoccupato e con problemi psichici, è uscito accompagnato dai carabinieri dalla sua casa in via Zanutto 15, dove era barricato da 20 ore. Si era chiuso in casa sabato verso le 15, dopo aver urlato a squarciagola invettive e minacce contro i vicini e la società in genere, in preda a una crisi di nervi.

Prima aveva preso in mano dei mattoni uscendo in terrazzo e manifestando l’intento di lanciarli, poi un coltello da cucina con una lama di 30 centimetri ha sferrato fendenti all’indirizzo di alcuni residenti che osservavano dalle case, e infine ha usato una motosega, accesa a più riprese per evidenziare intenti tutt’altro che rassicuranti con quel rumore metallico ed elettrico insieme.

Le trattative con carabinieri e polizia locale sono continuate per 12 ore senza mai lasciarlo solo, per tutta la notte. Solo a metà mattinata ha ceduto, in una domenica di sole tranquilla, a due passi dall’ospedale, una via a senso unico poco trafficata se non da chi si reca al nosocomio per le visite. Un dramma consumato tra le mura domestiche dove l’uomo viveva da solo ormai da anni, dopo aver perso entrambi i genitori, i nonni, poi anche la compagna con la quale i rapporti si erano interrotti. Il male che aveva dentro non era più un mistero per chi gli vive attorno e da anni ascolta i suoi lamenti, le grida in piena notte e anche di giorno.

Per lui si è mossa una squadra formata dai carabinieri di San Donà e Mestre, la polizia locale, i vigili del fuoco, l’ambulanza del 118 con i sanitari pronti a intervenire. Quando sabato pomeriggio i vicini hanno sentito le sue urla prive di senso, hanno lanciato l’allarme. Doveva essere un Tso, trattamento sanitario obbligatorio, da eseguire nell’arco di pochi minuti, ma si è trasformato in una tragedia sfiorata immersa in un’atmosfera da film horror. Lui si è asserragliato nella villetta di famiglia, seduto su una scala a chiocciola in posizione predominante da dove controllava tutto e tutti. Di tanto in tanto occhieggiava da una finestra. Il comandante della compagnia carabinieri di San Donà, il capitano Dario Russo, ha cercato di parlargli e calmarlo. Lo stesso il comandante della polizia locale, Marino Finotto. È intervenuto anche il suo medico di base, infine alcuni parenti. Lui con poche parole ha liquidato tutti: «Lasciatemi stare, andate via». Non voleva sottoporsi a quel Tso per il quale si sono mobilitate le forze dell’ordine e l’ospedale. Due “negoziatori” dei reparti di Mestre dei carabinieri sono arrivati a San Donà intorno alle 22 e gli hanno parlato per ore. Personale esperto, in grado di trattare anche con soggetti psichiatrici pericolosi. Impossibile convincerlo. E quando sentiva o vedeva troppe persone azionava minacciosamente la motosega.

Ieri mattina è arrivato a San Donà anche il comandante provinciale dell’Arma, colonnello Claudio Lunardo. La strategia è stata di isolarlo nell’abitazione controllata con una cintura di militari e agenti, stancarlo dopo una notte insonne. Niente intervento di forza, ma una lenta operazione di convincimento che si è conclusa ieri mattina aprendo le porte di casa, con i carabinieri che lo scortavano immobilizzandolo con cautela, per poi condurlo nell’autoambulanza verso l’ospedale, dove i suoi incubi, e quelli di chi gli sta attorno, sono finalmente terminati.

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