«Non possiamo vietare alla gente di pregare»

VENEZIA. «Non possiamo vietare a una persona di pregare» spiega la curatrice Nina Magnusdottir «Lo stesso varrebbe se un cattolico o un buddhista si mettesse sui tappeti e pregasse, anche vicino ai musulmani. Ben venga il dialogo interreligioso, questa è un’opera d’arte, realizzata a partire da una domanda: come mai Venezia, che da secoli ha sempre avuti rapporti con l’Oriente, non ha mai costruito una moschea? Oggi, anche girando a Venezia, questo aspetto colpisce, anche in termini di servizio da dare ai tantissimi turisti che approdano in laguna e che comunque portano ricchezza alla città». In questi giorni il Padiglione islandese è bombardato dalla stampa e dai curiosi che vanno a vedere di cosa si tratta. Ieri pomeriggio, mentre una ventina di praticanti si era radunato per pregare, gli altri visitatori camminavano a piedi scalzi per i tappeti, guardando incuriositi e domandandosi che cosa stava succedendo. «Ci hanno vietato di installare scritte in arabo all’esterno» prosegue «e infatti non lo abbiamo fatto. Per la sicurezza abbiamo spiegato che il Padiglione islandese è controllato perché ci sono due persone all’ingresso che sono attenti a qualsiasi cosa. Per la Mecca–Cola abbiamo deciso di tenerla. Questa è arte e l’arte deve essere libera».
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