Non pagano il biglietto del bus. Un poliziotto a bordo li fa scendere
CHIOGGIA. «O pagate il biglietto o scendete. Altrimenti chiamo la polizia» diceva l’autista del bus. «Chiama la polizia» ha risposto spavaldamente uno dei giovani di colore che, tutti in gruppo, si erano seduti nei posti di coda. Non credeva che le parole dell’autista avrebbero avuto seguito: troppo complicato chiamare, aspettare l’arrivo della volante, discutere con i “portoghesi”, identificarli, ecc. Il pullman doveva partire e non c’era tempo per tutta la procedura.
Furbetti. Sfortunatamente per i furbetti di turno, però, la polizia era già lì. «Sono un poliziotto», si è qualificato Mauro Armelao, agente del commissariato di Chioggia, mostrando il distintivo «o pagate o scendete». Erano le otto di sera di domenica quando la corsa di Busitalia per Sottomarina, in partenza dalla stazione ferroviaria di Padova, ha accolto una quindicina di persone dirette alla località balneare.
Passeggero. Tra questi il poliziotto, di ritorno da una missione a Ventimiglia, e sette ragazzi, sui 20, 22 anni, di colore, saliti senza mostrare né biglietto, né abbonamento. L’autista, riconosciuto il poliziotto, glielo aveva fatto presente e quest’ultimo lo aveva rassicurato. «Vai pure avanti, se fanno storie intervengo io». E così è andata, puntualmente. I ragazzi non volevano pagare, l’autista li ha avvertiti, ma loro, facendosi forza col gruppo, non lo hanno ascoltato.
Cambio. Alla vista del poliziotto, però, hanno cambiato atteggiamento. Quasi subito, tre dei quattro sono scesi senza protestare. Uno dei rimanenti ha pagato un biglietto, asserendo che doveva bastare per due perché «al mio Paese si viaggia in due». Ma qui «siamo in Italia» ha detto l’autista «ci vuole un biglietto per ogni persona». Qualche altra discussione ma, alla fine, i quattro hanno pagato e il bus è potuto partire.
Legge. «Avrei fatto lo stesso», chiarisce Armelao, a scanso di equivoci, «se fossero stati italiani: le regole devono valere per tutti». Gli aspiranti “portoghesi”, comunque, quasi sicuramente, non erano profughi. «Erano ben vestiti e in ordine», racconta il poliziotto, «uno ha detto di venire da Vicenza ed essere diretto a Piove di Sacco, gli altri andavano al Sand, a ballare. Gli ho detto «se hai i soldi per il Sand, hai i soldi per il biglietto», mi hanno risposto che l’ingresso è gratis, “ma non il bere” ho ribattuto». Sette ragazzi “viziati”, magari figli di genitori che stanno in Italia da tempo e che, da quella bravata, avevano molto più da perdere che da guadagnare. E l’hanno capito subito.
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