Non paga la spesa, commessa prima licenziata e poi riassunta
MESTRE. Commessa licenziata per non aver pagato prodotti per un valore di 7 euro e 3 centesimi dal supermercato Pam in centro a Mestre dove lavorava, viene riassunta dal giudice per due volte: «E stata una dimenticanza, la signora non stava bene» si legge nella sentenza.
Una confezione di riso basmati, una di pastina all’uovo che era in sconto, una scatola di dadi da brodo e due tavolette di cioccolato: questa la spesa non pagata che è finita davanti al tribunale del lavoro, in una querelle tra la lavoratrice e Pam Panorama iniziata ad ottobre 2016, quando la donna era stata licenziata pochi giorni dopo l’episodio.
Già il giudice della fase sommaria aveva sancito l’illegittimità dell’allontanamento, disponendo il reintegro della dipendente, oltre al pagamento dei contributi. Nelle scorse settimane la giudice Chiara Coppetta Calzavara ha rigettato l’opposizione alla sentenza presentata dalla società, confermando quanto già deciso dall’altro giudice. Pam Panorama aveva contestato alla cassiera di aver approfittato dell’orario di chiusura del supermercato per mettersi in borsa gli alimentari senza pagare, subito dopo aver pagato regolarmente un altro paio di prodotti.
La donna era stata fermata all’uscita del supermercato dal vigilante in servizio alle casse che aveva visto la scena. Un episodio contrassegnato dal dolo, secondo la società, che quindi aveva proceduto con la contestazione disciplinare e poi con il licenziamento. Nel corso del procedimento davanti al tribunale del lavoro, la commessa aveva evidenziato come quel giorno non si sentisse bene, spiegando anche come a ridosso dell’orario di chiusura ci fossero stati momenti di agitazione perché non si trovava più una chiave necessaria per il deposito dei soldi.
Scrive la giudice che «depone certamente per una dimenticanza il fatto di avere fatto due acquisti in un breve arco di tempo, lasciando il secondo acquisto, quello non pagato, in bella vista sulla cassa, vicino al nastro, oltre all’entità della sottrazione, visto che si parla di 7,03 euro».
E poi ancora che il fatto che quel giorno la donna non si sentisse bene «depone nel senso che avesse fretta di andare a casa, non fosse particolarmente lucida e in questa situazione si sia dimenticata di pagare il secondo acquisto».
Conclude la giudice che l’episodio possa configurarsi come «una disattenzione, una dimenticanza» e, quindi, si tratti di un fatto colposo. Nulla a che vedere con il dolo ipotizzato dal supermercato Pam, e nemmeno con «l’appropriazione nel luogo di lavoro di beni aziendali» che invece giustifica il licenziamento. «Se un fatto è contestato come doloso e si accerta che è stato commesso per colpa», rileva la giudice, «il fatto contestato non sussiste». Di qui la sentenza che cancella l’allontanamento e impone alla società di pagare alla donna 2.500 euro di spese di lite. —
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