Non commise frode fiscale, assolto Coda

Il gestore del ristorante del Golf Club scagionato da ogni accusa dopo sette anni

JESOLO. Assolto perché il fatto non sussiste. Sette lunghi anni ha aspettato, ma adesso l’imprenditore vicentino Lorenzo Coda, che è diventato famoso a Jesolo per la gestione del ristorante del Golf Club, può tornare a vivere. Non commise alcuna frode fiscale.

Era salito agli onori della cronaca per il coinvolgimento nelle indagini sulle fatture false nell'ambito dell’operazione “Dearty Leather” della guardia di finanza di Vicenza. Il processo si è concluso in questi giorni e quelle fatture per milioni di euro sono risultate del tutto regolari.

Pertanto non c’era stata la frode fiscale, reato che lo aveva portato in carcere assieme ad altri noti imprenditori della zona. In quegli anni l’imprenditore finì in un vortice di seuqestri di beni. Sigilli al suo yacht, ormeggiato alla Marina di Cavallino, le sue auto e vari altri beni immobili, compresi conti correnti personal e aziendali. Ora dovrà essere restituito tutto.

Difeso dai legali Manfredini e Massignani, ha subìto, dunque, solo una condanna più lieve per omesso versamento dell’imposta nel 2006, per la quale comunque la difesa ricorrerà in Appello. La Procura aveva contestato qualcosa come 21 milioni di euro di fatture false. Un terremoto che aveva fatto tremare tutto il mondo dell’imprenditoria della concia nella zona di Arzignano e Vicenza. Coda, nel frattempo, era diventato uno dei più noti ristoratori del litorale, alla guida del lussuoso ed esclusivo ristorante del Golf Club jesolano. Lui, con altri quattro imprenditori, era stati coinvolto nella prima fase dell’inchiesta sulla frode fiscale nel comparto. Coda era ritenuto addirittura il punto di riferimento di una banda alle prese con operazioni criminali.

Avrebbe importato dai paesi extraeuropei della pelle grezza con il sistema del deposito fiscale Iva. Un modo per ottenere lo sdoganamento senza pagare subito l’imposta. Poi la rivendita a una conceria di Lonigo. Ricostruzione smontata dai legali demolendo la teoria della triangolazione fittizia. I milioni di euro di fatture erano dunque veri, frutto di reali operazioni commerciali.

«Dopo anni di accuse», ha commentato Coda dalla sua casa di Jesolo, «finalmente la verità è emersa e adesso posso tornare a pensare al futuro con serenità e vivere accanto a tutta la mia famiglia che mi ha dato la forza per andare avanti in questi anni difficili che sembravano non finire mai». (g.ca.)

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