«Non chiamate Papa buono il grande Giovanni XXIII»

Canonizzazione, oggi parte la delegazione veneziana guidata dal Patriarca Il cardinale Capovilla ricorda: «Fu il popolo romano a inventare la definizione»

VENEZIA. Alla cerimonia di canonizzazione dei Beati Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII domenica 27 aprile, alle 10, sul sagrato della Basilica Vaticana ci sarà anche il patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, con una delegazione della diocesi. Il Patriarcato lagunare è legato ad entrambi i due “Santi”. Papa Wojtyla, polacco, visitò il Veneto 12 volte. A Venezia e Mestre giunse il 16 e 17 giugno 1985: lo accolse con affetto il patriarca cardinale Marco Cè. Papa Roncalli, bergamasco, fu patriarca di Venezia dal 1953 al 1958, poi salì al soglio pontificio. Dal paese natale del Beato Giovanni XXIII, Sotto il Monte, il neo cardinale 98enne Loris Capovilla, suo segretario particolare, in un’intervista rilasciata al settimanale “A Sua Immagine” chiede di non chiamare più Roncalli il “Papa buono”. «Sono 50 anni che combatto contro questa definizione. Attenzione: la bontà è una virtù obbligatoria per essere cristiani, come la prudenza, la temperanza, la fortezza. Io sono veneziano e a Venezia si dice chi è tre volte buono è macaco. Invece quello di essere buoni è un modo di vivere proprio di chi vuole essere cristiano. Il messaggio di Papa Francesco è molto chiaro: la buona creanza è una virtù irrinunciabile se vuoi seguire il Vangelo. Lo abbiamo capito o no?».

«La qualifica di “Papa buono”», prosegue il cardinale Capovilla, «non è stata la stampa a tributarla, né i potenti. È stato il popolo romano, i semplici, gli operai».

Il porporato ne rievoca la genesi: «Era il 7 marzo 1963. Era prevista una visita nella parrocchia di San Tarcisio al Quarto Miglio, ma eravamo in piena campagna elettorale. E i parrocchiani, con il consenso dei responsabili dei partiti in lizza, decisero di coprire tutti i manifesti propagandistici con teli bianchi e la scritta: “Evviva il Papa buono”. L’aggettivo gli rimase appiccicato. Sono grato al popolo romano per la sua spontaneità e l’amore che aveva verso Papa Giovanni. Io piango, mi commuovo ogni volta che penso alla bontà del popolo romano verso il Papa».

E sottolinea il cardinale Capovilla: «Ma i giornali, soprattutto quelli di destra, usavano questa parola in realtà per mortificare il suo pontificato, che invece, lo sappiamo, è stato molto importante per la Chiesa e per il mondo, per il Concilio, per la causa della pace. E anche per il suo stile. Papa Francesco, nel suo modo, ha una capacità di vicinanza alle persone che ricorda quella di Roncalli».

Nel frattempo la delegazione della diocesi oggi raggiungerà Roma. Ne fanno parte: don Danilo Barlese, don Orlando Barbaro, monsignor Carlo Seno, suor Virginiana Dalla Palma dell’ordine delle Figlie di san Giuseppe/Caburlotto e vicedelegata diocesana dell’Usmi, Riccardo Redigolo, seminarista, Giuseppina Bonaldo Millino, presidente della Consulta triveneta delle aggregazioni laicali, Biancamaria Bruna, membro del Consiglio pastorale giovanile, Nella Pavanetto, vicedirettrice della Caritas diocesana.

Nadia De Lazzari

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