«Noi siamo Venezia, non comparse»

In vent’anni chiuse 500 attività. De Checchi: «Con gli artigiani scompaiono tradizione e identità: difendiamo chi resiste»
Di Alberto Vitucci
Interpress/Mazzega Scattolin Venezia, 06.04.2015.- Turismo Pasquale a Venezia.-
Interpress/Mazzega Scattolin Venezia, 06.04.2015.- Turismo Pasquale a Venezia.-

«Non sono una comparsa, io sono Venezia». L’invasione del turismo non crea danni soltanto ai residenti. Ma distrugge ogni giorno di più il tessuto socio economico della città storica. Chiudono le botteghe di vicinato e gli artigiani di qualità. Un’emergenza ormai ben oltre il limite, che produce costi maggiori per i residenti, vantaggi solo per pochi. E un’omologazione verso il basso dell’offerta, con la scomparsa della tradizione e dell’identità di Venezia. In crisi gli artigiani «storici», ma anche i mascherai, che devono lasciare il passo a negozi cinesi, di paccottiglia a basso prezzo, a maschere di plastica importate.

Così Confartigianato Venezia, associazione che raccoglie la quasi totalità degli artigiani, ha deciso di lanciare una campagna «shock», diretta a chi non decide. Cinque artigiani si sono offerti di «metterci la faccia». Di testimoniare la loro voglia di impegnarsi a fornire un nuovo modello economico. Che possa portare ricchezza senza rinunciare alla qualità e alla tradizione. «Rischiano di scomparire i mestieri tipici della nostra città, quelli che l’hanno resa grande», dice il segretario dell’associazione Gianni De Checchi, al timone degli artigiani da quasi un trentennio. I dati parlano da soli. Negli ultimi vent’anni Venezia ha perso quasi 500 attività artigiane, un terzo del totale. Duecento hanno chiuso i battenti, altrettante hanno mantenuto la loro iscrizione modificando però la loro attività con prodotti industriali a basso costo».

Il turista mordi e fuggi, che sta in città solo poche ore e non acquista quasi nulla, rappresenta oggi la stragrande maggioranza dei visitatori. 22 milioni di turisti (oltre 27 nel 2015), 365 per ogni abitante in un anno. Turisti che solo in piccola percentuale dormono in città. Solo per il 10 per cento visitano un museo (i pernottanti lo fanno invece per l’85 per cento), solo l’8 per cento di loro torna a Venezia e solo il 2 partecipa a eventi cittadini. Dunque, conclude l’Ufficio studi degli Artigiani, «la quota di turismo consapevole e con buona capacità di spesa si sta sempre più assottigliando a favore di un turismo sempre più frettoloso». Ne fanno le spese gli artigiani, un tempo tessuto vitale della città in ogni campo del sapere. Che chiudono le botteghe e quando si convertono al «nuovo corso» sono in ogni caso solo per una piccola parte «veneziani» cioè residenti nella città storica. Diventano pendolari che vengono in città per aprire l’attività, come farebbero in un qualsiasi centro commerciale.

Ecco allora, è stato ricordato ieri, l’importanza di incoraggiare le eccellenze rimaste. La ricetta che Confartigianato intende proporre all’amministrazione è sempre la stessa, mai applicata. «Ripensare i terminal e gli arrivi, così come gli approdi turistici, oggi tutti concentrati in centro». E, soprattutto, regolamentare gli accessi che non possono essere infiniti, chiedere e ottenere dal governo una tassa di scopo. Se non si farà qualcosa, Venezia rischia di essere sommersa. Prima che dall’acqua, dal turismo di massa.

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