«No al referendum, ci costa 700 mila €»

«Smettiamola con i separatismi di ogni genere, anche con quelli tra città e campagna». Utilizza una similitudine ma poi diventa affilato come una lama Luigi Brugnaro per ribadire il no al referendum di separazione tra Venezia e Mestre. La politica scalpita e si divide in vista del voto del consiglio comunale di giovedì. Nel centrodestra che ha portato al governo Brugnaro la Lega Nord urla al patto tradito, che il referendum lo prevedeva, ed è contraria al parere negativo alla consultazione che il sindaco mira a far approvare dalla sua maggioranza.
Ieri Brugnaro ha ribadito, pungente, le critiche all’ex alleato Gian Angelo Bellati e a Marco Sitran, «gli sfigati», dice, a cui si riferiva giorni fa, senza voler in alcun modo coinvolgere i 9 mila cittadini che hanno firmato per sostenere il referendum.
Sotto attacco era finito Bellati, reo, per Brugnaro, di aver rifiutato il posto da vicesindaco per questioni economiche e Sitran, “colpevole” di aver costruito la sua notorietà con la battaglia referendaria. Brugnaro affonda dunque il referendum considerandolo anti-economico, oltre che anti-storico.
Soldi risparmiati. «Non è possibile che si torni al voto sul referendum di separazione per la quinta volta costringendoci a spendere 700 mila euro». E ribadisce: «Se la Regione approva il referendum noi faremo ricorso. Se il Tar ci dirà di farlo, lo faremo, e saremo contro la separazione. Io faccio il mio lavoro», ribadisce.
Domani la commissione. Domani alle 10.30 (e non oggi) si riunisce di nuovo la decima commissione presieduta da Marta Locatelli per il prosieguo della discussione sul parere che va poi al voto del consiglio comunale, nel pomeriggio. Sitran e Bellati in commissione, aperta al pubblico come tutte, si presenteranno per consegnare la copia dell’accordo elettorale firmato da Brugnaro e il parere legale sulla compatibilità tra referendum e città metropolitana redatto dal professore Daniele Trabucco (Università di Padova) e dal professor Michelangelo De Donà (Università di Pavia).
Altri ricorsi in arrivo. E avvertono: «Se poi il Comune si avvarrà di pareri interni per ricorrere al Tar contro il referendum, come anticipato dal sindaco Brugnaro sulla scia del suo predecessore Giorgio Orsoni, il gruppo civico “Mestre Venezia due grandi città” ne prenderà atto ritenendo responsabili le persone che abbiano agito in tal senso, per un ricorso inammissibile e infondato e solo fonte di sprechi per la collettività».
Insomma, il clima è sempre più torrido e, in caso di ricorso al Tar da parte del Comune sembra profilarsi anche quello alla Corte dei Conti da parte dei referendari.
Zaia: autodeterminazione. Si fa sentire in merito anche il governatore regionale Luca Zaia. «C'è massimo rispetto per il consiglio comunale di Venezia, che deciderà la partita, di sua spettanza, in piena democrazia. Ma la nostra posizione, come partito, resta quella a favore di ogni forma di autodeterminazione. Abbiamo autorizzato consultazioni di quei Comuni che volevano andare via dal Veneto. Il provvedimento del consiglio regionale, come tutti i provvedimenti, è impugnabile: se qualcuno lo riterrà opportuno, potrà farlo».
Per Zaia la partita referendum è «squisitamente politica e quindi, pur essendo noi e i nostri consiglieri impegnati in una precisa direzione, non ne discuto, visto che è un tema di spettanza delle segreterie provinciali e nazionali della Lega».
Il caso di Favaro. Nella maggioranza altri, storicamente separatisti, prendono posizione. Renato Boraso ha riunito il suo gruppo (Impegno per) e Marco Bellato, presidente a Favaro. «Ci siamo consultati con la segreteria generale, anche con i segretari del passato, e tutti confermano l’evidenza: la legge Delrio è fonte di diritto e superiore alla legge regionale. Si tratta di pura e semplice verità. La divisione in due comuni oggi diventa una ipotesi tecnica, futuribile, all’interno della Città metropolitana. Se sarà così io sono per ripristinare il Comune di Favaro, sciolto nel 1926. Sarà un Comune ricco, che potrà contare su aeroporto, quadrante, Casinò, deposito del tram, Aev di Dese. A Mestre a quel punto lasceremo il campo Sinti».
Boraso critica infine la Lega che, a suo avviso, «non pensa a risolvere i problemi».
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