«No a scogliere e palancole Le navi fuori dalla laguna»
VENEZIA. «Non si può riequilibrare la laguna, come prescrive la legge Speciale, costruendo scogliere e palancole di acciaio. Non previste dal Piano morfologico del 1993 e mai approvate dalla Soprintendenza. Anche l’Autorità portuale deve farsi carico finalmente del riequilibrio della laguna per portare fuori in mare, come succede negli altri vecchi porti in tutto il mondo, le navi più grandi incompatibili con la laguna».
Così Stefano Boato, decano degli ambientalisti, per anni rappresentante del ministero per l’Ambiente in commissione di Salvaguardia, risponde all’intervista alla Nuovadi Daniele Rinaldo, ingegnere progettista del nuovo canale dei Petroli e di tanti interventi in laguna. «Il canale dei Petroli non diventerà un’autostrada», aveva detto Rinaldo, «noi abbiamo l’incarico di consolidarlo e metterlo in sicurezza». Dibattito che si riaccende. In vista della riunione del 6 novembre. Data in cui la commissione di Salvaguardia ha deciso di votare il progetto.
Due le tesi a confronto. Visioni della laguna che si contrappongono da anni. «Il canale dei petroli non è responsabile del dissesto. Sicuramente lo accelera, ma l’erosione c’è comunque», sostiene l’ingegnere. Boato è di opinione opposta. «Il canale dei Petroli è la principale causa dello sconvolgimento morfologico e dell’erosione della laguna centrale», dice, «gli effetti sono stati verificati per vent’anni. E per quello nel 1992 il Magistrato alle Acque aveva prodotto nel 1993 un Piano morfologico, mai attuato. Quel Piano riduce la sezione nel primo tratto più sconvolgente, da Malamocco a San Leonardo, e ne riprogetta la morfologìa complessiva verso Marghera. Intervento sollecitato dal Palav nel 1995 e dalla salvaguardia nel 2003».
Invece nel 2013 era stato proposto un nuovo progetto per arginare con grandi barene artificiali il canale e sistemare le rive con scogliere. «È stato fermato allora», dice Boato, «perché le barene servivano a contenere i fanghi scavati dal canale Contorta. Progetto poi anch’esso abbandonato».
« Si tratta non di perimetrare il canale», dice Boato, «ma di rimuovere le cause dell’erosione e degli sconvolgimenti morfologici. Bisogna ridurre l’officiosità idraulica del canale, la velocità e la dimensione delle navi più grandi non compatibili con la laguna e le onde da vento con sistemi naturali, come barene, dossi e motte, consentendo l’espansione delle acque per la vivificazione della laguna laterale».
Ma il Porto va avanti con ’idea di mettere le palancole. E le scogliere con grandi massi davanti alla cassa di colmata B, per «consolidare» la rive e stivare lì i fanghi scavati.
Ipotesi su cui Italia Nostra ha già presentato un esposto e una denuncia ai ministeri delle Infrastrutture, dell’Ambiente e dei Beni culturali.
L’intervento di scavo è sostenuto invece dal Comune. «Dobbiamo rendere il nostro porto competitivo», ripete il sindaco Luigi Brugnaro, «sarebbe antistorico restare fermi». Maggioranza che appare dunque schiacciante a favore del progetto. Ma gli ambientalisti annunciano battaglia. Non si tratta soltanto dell’intervento di «consolidamento e scavo». Ma di una concezione diversa della laguna e dei cambiamenti che si possono fare al suo interno. Rendere artificiale il canale con palancole e massi è il preludio, secondo le associazioni, a un suo allargamento per farci passare le navi più grandi. Secondo il progetto del nuovo terminal per le crociere a Marghera. —
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