Niente premeditazione per la Lazzarini

Che dovesse rimanere in carcere era scontato. Meno lo era con quali accuse, oltre all’omicidio volontario. Ieri, il giudice veneziano Andrea Comez, al termine dell’interrogatorio di Susanna Lazzarini, ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti per l’omicidio volontario dell’81enne Francesca Vianello e per la rapina del suo bancomat, ma non ha contestato la premeditazione. Per il magistrato, a differenza della Procura rappresentata dal procuratore aggiunto Carlo Nordio, la premeditazione non è provata anche se esistono forti sospetti in questo senso. Il giorno precedente la donna, rinchiusa nel carcere della Giudecca, aveva nominato un difensore di fiducia, l’avvocato Mariarosa Cozza, che ha sostituito gli avvocati Giovanni Battista Muscari Tomaioli e Carlo Costantini, che erano stati nominati d’ufficio (il secondo aveva assistito al lungo interrogatorio della notte di San Silvestro in Questura, al termine del quale la 52enne mestrina aveva confessato il delitto).
Ieri, alla presenza dell’avvocato Giovanna Tirocinio in sostituzione dell’avvocato Cozza, l’indagata ha ribadito di confermare tutto ciò che aveva confessato quella notte tra il 31 dicembre e l’1 gennaio, ma il giudice le ha posto un’unica domanda, quella cruciale per stabilire se Susanna Lazzarini fosse partita da casa sua, in Rampa Cavalcavia, con l’intenzione di uccidere l’anziana amica della madre o meno. «Perché in borsa aveva un paio di guanti in lattice e la corda?». La donna avrebbe giustificato la presenza di entrambi gli oggetti, sostenendo che i primi li aveva infilati in borsa per sottrarli alla figlia, alla quale servivano per proteggersi le mani durante la tintura dei capelli, visto che soffre di dermatite. Susanna Lazzarini non voleva che la figlia si tingesse e così avrebbe nascosto i guanti nella borsa. La corda, invece, doveva servire a tenere assieme il regalo che voleva consegnare a Francesca Vianello, un’immagine sacra accompagnata da una pianta.
Per il giudice non c’è alcun dubbio che a uccidere l’ex dipendente del Casinò sia stata l’indagata. Oltre alla confessione, c’è una prova certa: Susanna Lazzarini, quando sono arrivati gli agenti della Squadra mobile a casa sua, aveva ancora con sè il bancomat dell’anziana che lei aveva rubato. Non solo, dopo averlo preso l’aveva utilizzato almeno per tre volte per fare acquisti di generi alimentari al supermercato Pam di Corso del Popolo, dove le telecamere l’hanno ripresa. Prima di uccidere, stringendo la corda al collo, l’indagata si è intrattenuta con la vittima: assieme hanno bevuto un caffè e fumato più di una sigaretta e i mozziconi sono stati trovati nel porta cenere: senza dubbio su alcuni sarà rintracciato il dna della 52enne.
All’interrogatorio ha assistito il procuratore aggiunto Carlo Nordio, il quale ha insistito perché venisse contestato alla Lazzarini, oltre alla rapina, l’accusa di omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione. «Ha agito in modo lucido» avrebbe sostenuto il rappresentante dell’accusa.
Il giudice Comez, invece, ha ritenuto che non vi siano prove certe della premeditazionee che siano necessari ulteriori accertamenti. Nella sua ordinanza spiega che Susanna Lazzarini non è andata in casa di Francesca Vianello con l’intenzione di ucciderla, ma quella mattina ha suonato al suo campanello per ottenere altri soldi dopo i 100 euro che era riuscita a farsi prestare. Che ha ucciso perché l’anziana amica della madre non solo non era disposta a prestare altro denaro, ma insisteva per riavere subito anche i 100 euro. E poi l’avrebbe apostrofata con le frasi che avrebbero irritato Susanna Lazzarini: «Mi ha detto che ero una ladra, una falsa, che non le avrei mai più restituito il denaro che mi aveva prestato. Poi ha aggiunto che non capiva certe madri, che si sacrificano per i figli che magari sono dei poco di buono» durante il primo interrogatorio.
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