Niente mutuo, i malati di Sla vincono la battaglia in Tribunale

Accolto il ricorso di una coppia di Mestre che si era vista negare la possibilità di avere il finanziamento per comprare la casa. Riconosciuta la possibilità di usare il “puntatore oculare”, non serve l’interprete
Di Marta Artico

I malati di Sla vincono la prima battaglia. La Sclerosi Laterale Amiotrofica ti porta via tutto, ma lascia intatte le facoltà intellettive: i malati di Sla che desiderano vivere a tutti i costi, hanno un unico modo per dire quello che hanno dentro, far sapere che ci sono cuore e mente come e quanto prima, e che, dunque, hanno tutti i diritti di quando muovevano gambe e braccia, e sono gli occhi. Gli occhi sono la loro porta spalancata sul mondo. Ecco perché è rivoluzionario il provvedimento giudiziario a favore dell’utilizzo del puntatore oculare da parte di un paziente affetto da Sla per comunicare escludendo la necessità della nomina di un interprete. La decisione è stata presa dalla seconda sezione del Tribunale civile di Venezia alla quale si era rivolta una coppia (lui malato di Sla) impossibilitata ad accedere ad un mutuo per l’acquisto di una abitazione, per il quale la banca necessitava di garanzie e firme di entrambi.

Il tribunale ha ammesso l’idoneità del puntatore, dal momento che le persone affette da Sla sono in grado di comunicare razionalmente, seppur attraverso un sintetizzatore che consente di tradurre gli impulsi oculari in parole scritte a video.

A renderlo noto il Consiglio notarile di Milano, a presentare ricorso, nel marzo scorso, il notaio mestrino Anna Bovo. A firmare il decreto, il giudice Eugenia Italia. «È una notizia molto bella che era nell’aria», commenta Mariagrazia Morgese, moglie di Andrea Zambon, di Quarto d’Altino, malato di Sla da moltissimi anni. «Qualche anno fa mio marito ha venduto una casa ricevuta in eredità e abbiamo dovuto vivere le solite peripezie burocratiche, spendendo quasi mille euro, nonostante ci avessero fatto un prezzo di favore. Bisogna passare per la procura speciale, l’interprete, l’amministratore di sostegno, insomma mille vincoli e un sacco di denaro. Questo decreto era atteso, perché senza un precedente non si poteva modificare un impianto normativo che non è adeguato ai tempi, ai mezzi a disposizione che migliorano la vita. Quello di oggi (ieri, ndr) è un passo in avanti verso il riconoscimento dei malati di Sla come Andrea, che hanno diritto a usare ogni tipo di comunicazione che la tecnologia ci mette a disposizione perché sono capaci di intendere e di volere. Loro capiscono tutto, solo si esprimono diversamente».

La nomina di un interprete si rende necessaria per chi è sordo o muto quando «non sappia o non possa leggere e scrivere». Per un malato di Sla la condizione è diversa perché «è in grado di comunicare, sebbene tramite un sintetizzatore che traduce impulsi oculari in parole scritte e video». «I malati di Sla», sottolinea il presidente del Consiglio notarile di Milano Arrigo Roveda, «si trovano nella piena capacità di esercitare i propri diritti». I notai si sono schierati a favore dell’utilizzo dello strumento cercando di rendere più semplice e veloce la partecipazione del malato alla contrattazione giuridica, attraverso un’interpretazione evolutiva della legge notarile che riconosca la «comunicazione non verbale e renda quindi possibile l’espressione diretta delle proprie volontà negoziali, senza intermediari». «Il decreto», aggiunge Roveda, «spiana la strada per l’abbattimento delle barriere burocratiche affinché le persone affette da Sla, o con patologie simili, possano esercitare il loro diritto di comunicare grazie all’uso della tecnologia dell’eye-tracking per la firma digitale. I disabili hanno diritto alla stessa deburocratizzazione di ogni cittadino. Il diritto alla firma deve essere garantito per ogni tipo di documento attraverso la firma digitale che oggi ha lo stesso valore della firma autografa».

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