Niente fondi per completare la muraglia
Sono già stati spesi 800 milioni ma non bastano e nemmeno quest’anno e probabilmente nemmeno il prossimo, ormai alle porta, arriveranno i 300 milioni necessari per completare la “muraglia” di palancole lunga 42 chilometri che dovrebbe proteggere la laguna e le falde sotterranee dalle infiltrazioni delle acque piovane contaminate dai terreni avvelenati di Porto Marghera.
«Il ministero dell’Ambiente è al corrente del problema e sa che ci vogliono ancora 300 milioni di euro circa per completare il marginamento delle aree inquinate del sito di interese nazionale di Porto Marghera, ma neanche quest’anno saranno stanziati visto che non c’e traccia di loro nella legge di stabilità corrente», conferma, suo malgrado, il Provveditore interregionale alle opere pubbliche, Roberto Daniele, al quale sono state trasferite tutte le funzioni e competenze che aveva il Magistrato alle Acque, istituito secoli fa durante la Repubblica Serenissima.
Del resto del problema non ne parlano e tantomeno lo pongono all’attenzione del governo, sia il comune e la Città Metropolitana di Venezia che la Giunta regionale di Luca Zaia, dopo l’arresto del suo predecessore Giancarlo Galan e del suo assessore Renato Chisso, nell’ambito dell’inchiesta sulla Tangentopoli del Mose.
Come se non bastasse, oltre ai fondi mancanti, all’orizzonte si profila un lungo e complesso passaggio di competenze relative anche alla gestione delle opere pubbliche in laguna di Venezia - già previsto da un decreto della presidenza del consiglio in attesa di approvazione - dal Provveditorato (ex Magistrato) alla Città Metropolitana di Venezia che ha preso il posto delle Provincia ma non ha ancora approvato il suo “piano strategico” che dovrebbe comprendere la gestione delle opere di messa in sicurezza di Porto Marghera e i controlli stagionali su acque e sedimenti lagunari.
Il mancato completamento di 4,7 dei 42 chilometri comporta la necessità di aspirare (emungere in termini tecnici) le acque contaminate con apposite pompe in corrispondenza delle sponde non marginate che - come ha documentato anche la recente campagna di ispezioni di un gruppo di militanti veneziani del M5S che ha indotto la Prefettura a chiedere ragioni di questa grave inadempienza agli enti competenti - riguardano aree industriali ancora attive del vecchio e nuovo Petrolchimico di Porto Marghera.
Un’attività che ha già comportato una spesa di 7 milioni di euro, tutti a carica delle aziende che già hanno pagato la “transazioni” con l’Avvocatura dello Stato con la loro quota per la realizzazione della “muraglia”.
Anche i tratti di marginamento già conclusi presentano dei problemi di tenuta, come messo in evidenza sia dalle foto scattate dai militanti del M5S, inviate al prefetto, che da uno dei commissari del Conzorzio Venezia Nuova durante le ispezioni della commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività connesse al ciclo dei rifiuto e degli illeciti ambientali conclusasi alla fine dell’anno scorso.
«Non solo il palancolato è stato ultimato parzialmente, ma anche nei siti in cui è stato completato», ha riferito il commissario Giuseppe Fiengo, «come quello di Veritas spa, non risulta completata la trincea drenante, sicché non è possibile la connessione del sistema di emungimento con l’impianto di Fusina gestito da Sifa. Rimane, dunque, in ogni caso, irrisolto il problema della destinazione delle acque emunte e, in definitiva, della stessa funzionalità delle opere finora eseguite non sempre a regola d’arte».
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