Niente certificato antimafia per le imprese e il Consorzio
Niente certificato antimafia. E il Mose si ferma. Blocco imprevisto dei contratti tra il Magistrato alle Acque e le imprese del Consorzio Venezia Nuova. Qualche giorno fa la Prefettura di Venezia ha fatto sapere ai tre commissari che governano il Consorzio dopo lo scandalo Mose (Luigi Magistro, Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola) che la posizione delle imprese del Mose non è regolare in base all’ultima legge sulle certificazioni obbligatorie (la 121 dell’agosto 2015).
Fino a qualche anno fa la certificazione veniva rilasciata in modo quasi automatico, trattandosi di un’opera dello Stato, senza richieste di chiarimenti. Ma dopo lo scandalo e le inchieste di Procura e Corte dei Conti, nonché per le norme più restrittive approvate dal governo, i criteri si sono fatti più severi. Davanti al rischio di blocco dell’attività – per via delle certificazioni necessarie alle imprese del Mose e delle loro consociate nelle holding, nonché dei fornitori – i commissari hanno chiesto di fare da garanti. Essendo stati nominati per la gestione proprio dall’Autorità nazionale Anticorruzione e dalla Prefettura. Dunque, in qualche modo «garantiti» da quel punto di vista.
Ma si sono visti negare il via libera. Così i contratti sono bloccati. E la conseguenza, unita al mancato arrivo dei finanziamenti promessi per l’ultima fase del Mose – 500 milioni di euro fermi dal novembre 2015 – è che la conclusione delle opere rischia di slittare ancora. Nei giorni scorsi una lettera è stata inviata dai commissari al presidente del Provveditorato alle Opere pubbliche del Veneto (ex Magistrato alle Acque) Roberto Daniele e al ministro dell’Interno Angelino Alfano. Si illustra la situazione che ha portato al blocco di tutti i contratti in essere e dunque dei finanziamenti e dei lavori.
Ennesimo stop ai cantieri che le imprese in difficoltà per la crisi generale e per maggiori controlli dopo lo scandalo Mose lamentano. Quasi conclusa la parte “hard” dei lavori, con il posizionamento dei cassoni sul fondo del mare, le lunate, le opere fisse e l’isola artificiale la conca di navigazione a Malamocco e il porto rifugio a Punta Sabbioni e Chioggia, resta ora da completare la parte più delicata e tecnologica dell’opera. Le paratoie sono in costruzione nei cantieri Brodosplit di Spalato, dopo la gara d’appalto avviata dai commissari.
In questi giorni la grande area di Santa Maria del Mare, dove sono stati costruiti gli enormi cassoni in calcestruzzo, è in fase di smantellamento. È stato smontato anche il syncrolift, sofisticato macchinario costruito apposta per movimentare i giganteschi cassoni in calcestruzzo del peso di 20 mila tonnellate ora in fondo alle tre bocche di porto. Qui saranno installate le cerniere sulle paratoie, in parte già disponibili. Ma i lavori adesso rischiano il fermo. E le imprese, già in difficoltà e finite nel mirino della magistratura, scalpitano. C’è da chiarire la vicenda dei 32 milioni di euro, che i commissari hanno messo a bilancio e che tra poco dovranno essere restituiti dalle imprese al Consorzio per i danni legati alla vicenda Mose. Ma c’è da andare avanti con i lavori. La nomina dei commissari prevedeva che oltre a rimettere in sesto il Consorzio decapitato dagli arresti la grande opera fosse conclusa. Ma da allora troppe incognite sono emerse. Difficoltà tecniche, con lo scoppio del cassone a Chioggia, il crollo delle lunate al Lido e l’allagamento della conca e della trincea a Malamocco. Macchine sbagliate come il jack-up da 50 milioni di euro. Verifiche da rifare dopo i «pareri facili». E adesso le difficoltà economiche e il blocco dei contratti. La data promessa del giugno 2018 si allontana.
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