Niente assoluzione per don Temporin
Doveva essere l’ultimo atto che metteva la parola fine ad anni di accuse infamanti per l’allora rettore del Seminario di Rubano: violenza sessuale verso un suo allievo. Non è stato così. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello che assolveva don Gino Temporin, rinviandola ad una nuova sezione della Corte d’Appello.
Sia la procura generale che l’avvocato Emanuele Fragasso Jr (che tutela la parte offesa, un ragazzo veneziano ora maggiorenne) avevano sostenuto c’era stata una mancanza di motivazioni nella sentenza della Corte d’Appello e che c’era una motivazione manifestamente illogica: ossia veniva riportato che c’erano dubbi sulle accuse mosse dal ragazzo all’epoca tredicenne perchè raccolte quando lo stesso era ricoverato in ospedale e quindi in condizioni psocofisiche provate. Pare non essere vero, le aveva rese due anni prima.
Il procuratore generale della Cassazione scrive «di una sentenza di Appello sviluppata lungo una linea di ipocrisia». Parole pesanti che potrebbero riaprire scenari che sembravano ormai chiusi. Le accuse che gli venivano rivolte, pesantissime, sono state ritenute false, formulate solo per screditare il sacerdote. Non la pensava così la pubblica accusa nei due diversi gradi di giudizio, visto che il pubblico ministero Maria D’Arpa aveva chiesto la condanna a 7 anni di reclusione. Per il magistrato la vittima era credibile: un mese di collegio gli era costato un trauma che il ragazzo, da tempo in terapia, stava scontando con seri problemi di salute di tipo psichiatrico, dopo aver tentato in più occasioni il suicidio. L’indagine era stata avviata in seguito alla denuncia del ragazzo presentata dopo essersi confidato, nel 2009, con una psicologa della clinica “Le betulle” di Como dov’era ricoverato. Nessun testimone di quella (presunta per ora) violenza: in aula un paio di ex compagni hanno raccontato che lo studente era stato coinvolto da altri seminaristi in pratiche sessuali.
I periti nominati dal tribunale (il medico legale Claudio Rago, la psicologa Magda Tura e il neuropsichiatra Marziano Cerisoli) avevano concluso per un’alta improbabilità circa la certezza storica dell’accaduto, pur riconoscendo capacità di testimoniare nel giovane, affetto da un disturbo psicotico, da un disturbo di personalità e di identità di genere. Fatto sta che il 18 dicembre 2013 arriva l’assoluzione perchè il fatto non sussiste, decisa dal collegio presieduto dal giudice Claudio Marassi. C’era stato il ricorso all’Appello che si era espresso il 21 luglio del 2016: la terza sezione dei giudici lagunari ha assolto il sacerdote confermando che il fatto non sussiste. Il conseguente appello alla Cassazione ha riportato all’annullamento anzidetto.
Questa vicenda inizia nel 2009 quando il ragazzino racconta fatti che a suo dire sarebbero accaduti 5 anni prima. Parla di carezza sulle parti intime e di un rapporto sessuale. Viene decisa la perquisizione dell’abitazione del sacerdote, il sequestro del suo personal computer, scattano delle intercettazioni telefoniche e ambientali (anche nel suo ufficio al Seminario minore) e vengono interrogati quasi trenta ex allievi del Seminario. Pare non emergere nulla di che. Ci sono solo le accuse di quel ragazzo. Dal gennaio del 2014 don Gino è diventato monsignore della parrocchia del Duomo di San Martino a Piove di Sacco. Il sacerdote è originario di Conselve, e nei suoi 46 anni di servizio religioso non c’è mai stata una macchia o un’ombra.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia