«Nidi azienda, noi ridotte a baby-sitter»
«Brugnaro ha ridotto la scuola a un babysitteraggio». Educatrici e maestre che spingono passeggini, personale Ames, genitori con i bimbi per mano che suonano i tamburi e le maracas. In oltre cinquecento ieri mattina hanno manifestato contro le politiche comunali fucsia nelle scuole dell’infanzia.
Il corteo dei dipendenti dei servizi educativi è partito dall’incrocio ha percorso corso del Popolo arrivando in piazza Ferretto un’ora e mezza dopo. Spazio alla fantasia per far arrivare la protesta diritta al destinatario: il sindaco.
Striscioni. Un’invasione di striscioni colorati, disegni creativi fatti dai bambini, bandiere, fischietti e persino canzoni riadattate urlate nei megafoni. Una maestra trascina un trolley con la scritta: “Kit da viaggio per educatrice del comune di Venezia”. “I nostri nidi non sono aziende, il nido pubblico non si vende”, si legge in un cartello.
Disagio quotidiano. «Siamo poche, non c’è copertura, non possiamo chiedere ferie, siamo obbligate alla reperibilità», spiegano due educatrici della Cipressina che temono ritorsioni. «Ci alziamo, arriviamo a scuola, parcheggiamo l’auto», racconta un’educatrice del nido che lavora a Mestre, «qui attendiamo la consueta telefonata che ci manda in una classe sconosciuta, dall’altra parte del comune, in base a calcoli, assenze, malattie, numeri. Allora prendiamo un autobus o un tram, perché possiamo prendere solo mezzi pubblici, ci informiamo sull’indirizzo della scuola e se va bene ci arriviamo un’ora, un’ora e mezza dopo. Qui ricominciamo, ma oramai sono le 11. Nel frattempo lasciamo dei bambini abituati a farsi addormentare dalla loro maestra, creando a nostra volta altri buchi e ordini di servizio».
Genitori. «Vediamo questa situazione ogni giorno», dice un genitore del Lido. «I nostri bambini non fanno più laboratori, uscite, progetti perché le loro insegnanti devono andare a coprire buchi e fare supplenze, e in classe chi rimane si trova solo con venti lattanti. Allora una baby-sitter è uguale». Sul tappeto gli spostamenti giornalieri dei dipendenti, le modifiche al regolamento del personale, le assunzioni bloccate.
Testimonianze. In corteo Manuela e Rossella, 53 e 57 anni, supplenti a casa con più di 36 mesi di servizio: «Dal 2010 lavoro in nidi e materne», racconta Manuela, «e ho un compagno in mobilità. Vorrei essere assunta, ma mi basterebbe anche solo lavorare». Rossella, è nella stessa situazione: «Ci sarebbe bastato che ci avessero parlato per trovare una soluzione, invece siamo qui, sospese nel limbo. Potrebbero farci lavorare, ma non vogliono e non ci parlano».
Sindacalisti. «I servizi educativi sono ridotti a vigilanza», denuncia Daniele Giordano (Cgil). «Il decreto enti locali permette di assumere a prescindere dall’uscita del patto di stabilità, potrebbero assumere subito le 34 educatrici che hanno superato i 36 mesi, perché non lo fanno? Per scelta. L’obiettivo è risparmiare, creare attriti tra personale Ames, servizi educativi e genitori per privatizzare il servizio». «Per le scuole dell’infanzia servono almeno 20 supplenti e circa 15 per il nido», attacca Mario Ragno (Uil). «Brugnaro fa il contrario di quello che suggeriamo solo per partito preso, ma questa non è una sua proprietà privata: sta distruggendo un servizio pubblico che era secondo in Italia».
«È evidente la necessità di avere supplenti», aggiunge Carlo Alzetta (Cisl). «La normativa lo permette, che lo facciano. Oggi alcune scuole dell’infanzia sono a rischio chiusura».
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