«Nessuno verrà in vacanza con un’impianto di gas»

Le storie e i dubbi dei manifestanti. «Come mai la Soprintendenza sta zitta?» C’è chi è tornato dall’estero: «Difendo la mia città da un piano calato dall’alto»

CHIOGGIA. Danni sulle attività di pesca, porto e turismo, danni di immagine e ricadute sulla vivibilità. Questi gli effetti più evidenti secondo i manifestanti dell’impianto di Gpl. Le rassicurazioni portate dalla Socogas sulla piena sicurezza del deposito e sull’indotto occupazionale per la città (20 assunzioni tra operai specializzati e personale amministrativo, 20 autisti e un ingegnere responsabile dell’impianto) non bastano a placare i dubbi e le preoccupazioni che ieri hanno portato in piazza quasi settecento persone.

«Sono tornato per dare voce alla mia città», racconta Mirco Ardizzon, chioggiotto trapiantato a Berlino, «è giusto che si alzi la voce perché non è possibile che una città accetti in silenzio quello che le viene calato dall’alto. Ho seguito la vicenda fin dall’inizio e ho molti dubbi sul fatto che questo impianto non abbia ricadute ambientali. L’odorizzante utilizzato con il vento raggiungerà secondo me anche la spiaggia, senza contare che a 300 metri dal gas pressurizzato ci sono le case».

Forti anche le perplessità sull’impatto turistico. «Ma chi andrebbe in vacanza in una località in cui c’è un impianto gpl da 9.000 metri cubi?», dice Giovanna Tiozzo, «di sicuro uno ci penserà due volte prima di prenotare. Gli effetti della Bandiera Blu verranno dispersi. E le ricadute sulla pesca e sull’attività del porto? Di certo all’ingresso delle navi gasiere saranno previste forti limitazioni alla navigazione. Il danno economico sarà pesante per tutti i nostri settori economici. Noi siamo convinti che ci siano ancora margini per poter fermare l’impianto, almeno per il tempo necessario a fare delle verifiche sull’iter autorizzativo. E se dalle valutazioni emergerà che qualcuno ha commesso qualche errore dovrà pagare».

Spera nella sospensione anche Fulvia Pelizzaro. «Ho conosciuto la vicenda dal comitato», spiega, «prima non ne sapevo nulla. Mi sono informata e ho contribuito alla raccolta firme, facendo conoscere l’iniziativa anche a Venezia. Daremo battaglia fino alla fine perché non possiamo accettare che qualcuno decida per noi e per il nostro futuro. Qualcosa in tutta la vicenda non torna. Sembra quasi che dopo il primo via libera gli enti interpellati dopo abbiano dato parere positivo perché il primo lo aveva fatto e così via». «Riponiamo molte speranze sulla Salvaguardia di Venezia», spiega Monica Santin, «che finora non è stata coinvolta, ma che ha piena voce in capitolo su quanto succede in laguna. Ci sono spazi per bloccare questo progetto che ci è stato imposto senza chiedere nulla. Conosco il problema dalla campagna elettorale, mi sono informata, ho chiesto lumi, ma ho trovato poche risposte». (e.b.a.)

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