Nessun luogo di cura, Torta resta in carcere
MESTRE. «Sono stanco e stressato». Questa l’unica frase che Riccardo Torta, il veneziano che ha ucciso Nelly Pagnussat, ha pronunciato ieri davanti al giudice Alberto Scaramuzza, che lo ha interrogato nel carcere di Santa Maria Maggiore e che ha confermato il suo arresto per omicidio volontario. Il suo difensore nominato d’ufficio, l’avvocato Giorgio Bortolotto, ha chiesto di trasferirlo in un luogo di cura, ma il magistrato nell’ordinanza di custodia cautelare ha scritto che non ha ancora gli elementi per affermare che c’è la necessità di un ricovero piuttosto che di una carcerazione e lo ha rimandato nella cella del carcere lagunare. Torta è apparso quasi catatonico e indifferente, presumibilmente a causa dei farmaci che gli vengono somministrati.
La pm Laura Cameli, nella mattinata, avrebbe cercato un posto libero nelle Residenze per l’esecuzione di misure di sicurezza (Rems) di alcune regioni confinanti, visto che la Regione Veneto ancora non l’ha predisposta, ma non sarebbe riuscita a trovarlo. Se il suo tentativo fosse andato a buon fine sarebbe stata la stessa rappresentante della Procura a chiedere che Torta non rimanesse in una cella di Santa Maria Maggiore.
«È scandaloso che dopo tre anni dalla chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, che erano più simili a lager», ha dichiarato il difensore, l’avvocato Bortolotto, al termine del brevissimo interrogatorio, «la Regione Veneto non abbia ancora provveduto all’apertura di una Residenza per l’esecuzione di misure di sicurezza». «Tanto più di fronte al fatto che quelli già aperti in altre regioni», ha aggiunto, «non abbiano avuto la disponibilità a prendersi in carico Torta». La prima mossa dell’avvocato sarà quella di chiedere al giudice una perizia psichiatrica per stabilire l’incompatibilità dell’omicida a rimanere in carcere e l’incapacità di rimanere in giudizio. Insomma, l’avvocato Bortolotto punta ad una dichiarazione di totale incapacità di mente in modo che sia dichiarato il non doversi procedere.
Trattandosi, comunque, di un soggetto ritenuto pericoloso il magistrato che alla fine lo giudicherà dovrà anche decidere per una misura di sicurezza in modo che venga seguito da un lato e che non possa compiere altri atti di violenza dall’altro. Naturalmente, sarà necessario trovargli un luogo di cura, visto che non potrà finire in un carcere, anche se probabilmente tra qualche mese, quando le indagini saranno concluse e sarà chiesto il suo rinvio a giudizio, una Rems nel Veneto avrà finalmente visto la luce.
In Regione hanno assicurato che già domani a Nogara, in un’ala del vecchio ospedale in provincia di Verona, saranno ospitati i primi cinque pazienti provenienti dall’ex Ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia, mentre un’altra quindicina potranno arrivare a febbraio, in attesa del 2017, quando dovrebbe poter funzionare a pieno regime con 40 ospiti.
Evidentemente consigliato dal suo legale, Torta si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma è probabile che non sarebbe stato in grado di farlo, viste le sue condizioni mentali. Intanto, la rappresentante della Procura ha incaricato la medico legale padovana Silvia Tambuscio di eseguire l’autopsia per ricostruire la dinamica del delitto più che per cercare prove nei confronti del sospettato, che sarebbero già schiaccianti. Torta, stando ad una prima ricostruzione compiuta dagli investigatori della Squadra mobile, avrebbe sfondato con un pesante martello il cranio della vicina, che lui chiamava zia non tanto perché era davvero una parente ma per consuetudine, perché la frequentava quasi quotidianamente da tempo. L’anziana sarebbe morta per quella forte martellata, quindi l’ex contrabbandiere veneziano avrebbe cominciato a tagliare il corpo in pezzi con la segna elettrica in modo da poterlo nascondere nei sacchi della spazzatura.
Quello che rimane oscuro è il movente, ma non sarà facile capirlo: potrebbe non esserci una spiegazione logica, visto i problemi mentali che sicuramente aveva l’arrestato, in cura da anni al Centro di salute mentale. Già in precedenza aveva dato segni di squilibrio, visto che dopo la condanna a sedici anni per l’omicidio del finanziere che Torta ha ucciso lanciando un masegno dall’alto del ponte dell’Accademia sul motoscafo delle «fiamme gialle» che transitava in Canal Grande, era stato sia in carcere sia presso l’Ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia, dove i medici non sono riusciti a guarirlo dal suo discutibile stato mentale.
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